Freyja: The Garden Of A Sleepless Man

The Garden Of A Sleepless Man è il primo disco dei casertani Freyja, un concept stoner sul tema dell’illusione dell’uomo verso il Tempo, dove il tappeto di chitarre voraci circonda l’amabile vocalist del gruppo

Freyja

The Garden Of A Sleepless Man

(Cd, Uk Division Records)

stoner

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Freyja- The Garden Of A Sleepless ManLa Caserta del metallo bussa alla porta di Rockshock attraverso questo disco dei Freyja, che con The Garden Of A Sleepless Man debuttano con un lavoro ottimamente prodotto. Una sorpresa che conferma che nel sottobosco italiano c’è buona roba in giro. Il suono delle dieci tracce di questo album risulta nitido, ben pulito nonostante la gravezza delle tre chitarre, con sonorità che mettono in risalto i toni malinconici e introspettivi delle composizioni.

In pista da tre anni, il nome Freyja richiama la dea nordica della fertilità e dell’amore, ma anche della guerra e della seduzione. Alcuni dei cinque componenti della band costituiscono l’ossatura dei disciolti Lost Dreams, band casertana che ha ottenuto diversi riconoscimenti nei festival della zona. La nuova formazione ha lavorato ad un progetto di stoner rock corposo, con chitarre graffianti su una base ritmica efficacemente vigorosa.

Quando Mr. Black apre il disco la sensazione che si tratti del solito tentativo di fare del metal in Italia senza grossi risultati appare evidente, ma subito gli incastri delle sei corde sottolineano i contrasti rocciosi del disco con la voce melodica e intonata di Feffa, la singer della band alle prese anche con la chitarra, che magari non è straordinaria, ma dignitosamente traccia un bel solco nella personalità della band.

Il suo cantato è infatti sognante in brani come Gold From Hell e Learn To Die, azzeccatissimo nel contesto musicale fatto di arpeggi e arrangiamenti encomiabili. Nelle tracce più rigogliose di riff e accordi appestati non se la cava male, come in The Right Way e la ruspante X, ma talvolta ci si aspetterebbe un uso più irruente dal punto di vista canoro, perché alla fine si ha la sensazione di un sonar che restituisce un segnale piatto mentre si scandaglia il fondale.

Una scrittura dei brani nel complesso emozionante, vedasi Broken Clockwork che mi ha ricordato qualche atmosfera alla Suzanne Vega. Acidità soniche in The Prison che mettono in rilievo le capacità tecniche dei ragazzi. Il brano che però merita l’attenzione è la traccia fantasma al termine di Sleepless Night, che trovo essere la ciliegina sulla torta di un album che ho apprezzato come non capitava da tempo, ascoltando questo genere musicale. Penso che abbiano fatto un bel lavoro e meritano di avere il loro spazio anche all’estero.


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Luca Paisiello
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