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Thursday vs Envy: Split

Quando Oriente ed Occidente si incontrano...

Thursday/Envy

Split

(Cd, Temporary Residence, 2008)

emocore

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Quel che nascè è una perla unica. E’ quello che è successo con l’incontro musicale di due emo/screamo band come quella degli Envy e dei Thursday. Giappone da un lato, Usa dall’altro.

Un Lp creato appositamente con un vincolo ben studiato. Chiamato all’opera Antony Molina dei Mercury Rev, si è potuta creare la giusta ambientazione grazie al suo remixaggio di In Silence – dei Thursday – in Appeared and Was Gone, così da plasmare una perfetta transazione che tende armniosamente la mano alle dinamiche degli Envy, nella seconda parte dello split.

I due gruppi, accomunati dal post-hardcore, hanno origini e prospettive differenti ma trovano i giusti punti d’incontro negli oscuri risvolti della qualità di quel silenzio non espresso. I Thursday arrivano dal New Jersey e dalla seconda ondata dell’emo-core, in cui si sono distinti nel non aver ceduto alle lusinghe di quell’indie rock che stava per essere abbracciato completamente dal mainstream. In attività dal 1999, 5 album alle spalle più 4 Ep. Si può far risalire la loro influenza ai Fugazi della fine degli anni ’80, che, stilisticamente parlando, non è poco. E, anche se stanno perdendo quelle parti più puramente screamo che caratterizzavano l’indimenticabile Full Collapse(2001), riescono ancora a stupire: l’introduzione del sintetizzatore li scopre decisamente meno grezzi del passato. Ma scopre anche un po’ del loro nuovo lato pop (o commerciale?).

Gli Envy, dal Giappone, girovagano tra studi di registrazione dal 1996, permettendo di contare, così, ben 8 album, 1 raccolta, 4 Ep e 5 split. Numeri da capogiro, ma non troppi se poi ascoltiamo il risultato che questi hanno apportato alla loro maturazione: quelli che tra Breathing and Dying In This Place (il primo album, 1996), li ha portati ad Abyssal (l’ultimo, nel 2007).

Con questa unione in un unico vinile è stato suggellato un progetto di cui si sperava la realizzazione da ormai due anni. Si apre con i Thursday di As He Climbed the Dark Mountain, brano elettrico dagli instancabili riffing di chitarra, dalla voce di Tom Keeley che stranamente è costante in tutto il pezzo, con quell’aria nostalgica di chi scrive i suoi testi sulle proprie esperienze e che ha quindi la forza di far sentire quanto struggente possa essere un’emozione. Urla che convergono in rassegnate parole cantate e parlate lentamente. Si procede con In Silence, un pezzo meravigliosamente strumentale in cui i vortici sonori sono capaci di lasciarti sospeso mentre un pianoforte arriva a raccoglierti delicatamente per portarti, poi, in luoghi nuovamente vorticosi e spietati. Splendida traccia che ricalca la fragilità e la durezza dell’essere. Una particolarità di questo brano è che nella versione del video (uscito il 3 dicembre) viene tagliato oltre un minuto di quel graffiare di chitarre e synth che lasciano in bocca un sapore agrodolce. Lo stesso sapore che ti fa venir voglia di riascoltarla. In An Absurd and Unrealistic Dream of Peace si sbilanciano un po’ troppo su un melodico che, seppur denso e penetrante, non dimentica di creare stridenti intrecci con le poche urla disponibili. Meno male che ci pensa Tucker Rule con la carica di batteria… Appeared and Was Gone riprende il tema di In Silence, senza parole anche questa, ma con più frastuono sonoro e con quell’incomprensibile, sensuale, sussurrare che ne determina il valore aggiunto e che lascia qualcosa dentro. Un qualcosa che una volta assimilato diventa sempre più chiaro.

Con An Umbrella Fallen Into Fiction aprono la loro parte gli Envy. Atmosfere leggere per un gruppo che resiste nella coraggiosa scelta di cantare – o meglio, dialogare – nella propria lingua e di imbarcarsi in brani spesso lunghissimi. La vera anima screamo appare solo dopo un interminabile tempo per distendere le menti, nel relax, per accogliere con più ricettività il caos burrascoso che porterà fino alla fine del pezzo. Continuando poi con Isolation of Light Source in cui l’adrenalina arriva dalla prima nota. Padroni assoluti sono Kawai e Tobita per la potenza esorbitante delle chitarre. Pure Birth and Loneliness ci dà un assaggio di un vocalist – Tetsuya Fukagawa – troppo sospettosamente melodico. Alternare desolazione e pace al caos e all’efferatezza è l’obiettivo principale di questo gruppo che bisogna capire bene prima di giudicare. Si tratta, quindi, di un’emoscreaming che nasce da un continuo mischiare dolcezze indie rock a infervoranti sfuriate hardcore, e che cresce in un sorprendente contesto di melodia e armonizzazione.

Entrambi i gruppi dimostrano di essere maturati, di essere giunti ad un fluido sonoro raffinato che non lascia niente al caso, ma che è impegnato e ricco di complessità. Due band che convincono sempre di più. Che si prestano a consacrarsi a livello internazionale e che, nonostante il mainstream, rimarranno sempre nella memoria dei fedeli (anche di quelli meno convinti da questi ultimi cambiamenti di rotta) grazie a quelle peculiarità che li hanno sempre distinti dal resto.

Adatto a chi è in cerca di emozioni… forti.

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Emiliana Pistillo
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