The Horrors
Primary Colours
(Cd, XL Recordings)
punk revival, indie rock
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Se mi sottoponessero il secondo lavoro degli Horrors, Primary Colours (in uscita il 4 maggio) senza darmi di riferimenti cronologici direi che sto ascoltando un capolavoro degli anni ’80.
Poi verso la quinta traccia avrei qualche dubbio sul periodo, mi sposterei verso il punk rock anni ’70, per poi tornare di nuovo nel pieno new wave.
Gli Horrors non sono l’ultimo gruppetto indie arrivato sulla scena, o perlomeno non ne danno l’impressione. Hanno abbastanza furbizia e maturità da piantarsi nel tuo stereo e dirti: “Se stai leggendo, parlando, chattando: fermati e ascoltaci!”
I suoni sono curatissimi: tastiere, synth, chitarre distorte che sanno di passato. Le liriche sono azzeccate, superficiali nei pezzi riot, più crepuscolari nei pezzi eighties.
Il disco infatti è bipolare: si apre con Mirror’s image, interminabile tripudio Cure ai tempi in cui Robert Smith si faceva le paranoie per poi fare i conti con la minimalista Do you remember, dove magicamente scompaiono le pianoline e i synth e si materializzano chitarroni e batterie cattive.
Gli Horrors si concedono un solo momento di frivolezza: il pezzo che dà il nome al disco (Primary colours) e la successiva Sea within a sea (già disponibile all’interno del loro sito ufficiale) rappresentano una insolita parentesi in un contesto in cui viene dato pochissimo spazio all’ autoironia.
Una cura maniacale dei suoni e attenzione a difendere la dignità del loro genere. Gli Horrors, non cadono mai in basso giocando il jolly dell’indie scontato ma rimangono sempre coerenti sulla loro linea. Le canzoni, infatti, fanno solamente un fugace occhiolino all’indietudine (ormai demodè anche in Italia) e vanno invece a toccare i territori non troppo conosciuti (e aimè quasi dimenticati) dello psychobilly e del punk rock.
Sanno perfettamente dove si trovano i nervi scoperti dei nostalgici che si mettevano il chiodo e andavano nei locali underground a ballare la new wave e nello stesso tempo sfruttano l’incoscienza delle nuove leve per accaparrarsi i meriti di qualcosa che non gli appartiene.
E fin qui tutto ok.
Il problema è uno solo cari ragazzi di Southend: abbiamo capito che siete cresciuti ascoltando i Buzzococks e che avete pomiciato con i Depeche Mode nello stereo delle vostre camerette ma, alla fine della fiera, cosa volete dirci?
Insomma, siamo nel 2009 e forse sarebbe il caso di stare meno attenti alle scarpe a punta e ai capelli sconvolti e concentrarsi piuttosto sull’aggiungere qualcosa di vostro ai contenuti che proponete.
Gli strumenti ci sono, la qualità è impeccabile, la voce è importante, la spocchia c’è, l’hype anche. Quello che manca è il coraggio di allontanarsi dal mood indie rock che vi assicura orde di fans ventenni che avrebbero voluto vivere gli anni ’80 di Londra.
Sito ufficiale http://www.thehorrors.co.uk
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