Resurrextion: Elettro Sud

Le varie sfaccettature del rap italiano ci regalano Elettro Sud, il primo disco dei Resurrextion

Resurrextion

Elettro Sud

(Cd, Relief Records Europe)

Rap

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Resurrextion-Elettro-SudPer chi pensa che avere un’opportunità nel rap italiano significhi trovare un’etichetta disposta a produrvi … l’esempio da seguire è quello dei Resurrextion!

Il gruppo partenopeo, nato dall’incontro di Marsu e Jen-One e attivo dal 2002, propone il disco Elettro Sud, in uscita il prossimo 17 febbraio 2011 e presentato dall’importante label bolognese Relief Records.

La crew comprende anche Dj Spider e il breaker Skizzetto oltre alla Resurrextion Band, compagna degli spettacoli on the stage, una novità interessante per un gruppo che si autoproclama appartenente al genere rap/hip hop ed, in effetti, unico esempio in Italia.

Anche se, in realtà, per suonare con una live band bisognerebbe avere delle basi campionate da strumenti musicali live e per essere un gruppo Rap bisognerebbe rappare su strumentali create da beatmaker, ci piacerebbe poter assistere ad un’esibizione dal vivo di questo gruppo che ricorda, e non vagamente, i suoni di Atlanta dei Three 6 Mafia.

In concreto Elettro Sud, più che trasportare nella penisola i suoni del Queensbridge è la rivisitazione sbiadita di Artificial Kid, un progetto già in carriera nato dalle idee di tre grandi del rap italiano Danno, Dj Craim e Dj Stabbio Boy ed uno spettacolo portato sui palchi di tutta Italia con grande successo di contenuti e metriche più intelligenti che mai e di basi speciali che sfiorano l’elettronico per ritrovarsi incontenstabilmente rap.

I pochissimi beat underground, forse cinque o sei tracce, tra cui E mo basta e Damme a forz accentano il carattere rappuso del gruppo in questione che riesce anche ad avere uno stile tipicamente street napoletano, comunque lontanissimo dai capolavori di Co’Sang o La Famiglia.
Ascimme a fore la traccia video-anteprima del disco sarebbe di per se carina se non si accompagnasse ad una scelta di location e di situazioni non propriamente nostrani. Il video ci regala indubbiamente un bellissimo panorama della scena bling bling americana lontano anni luce dal rappresent and italian state of mind.

Qui il Dj sembra uno schiaccia bottoni dietro al Mac quando invece l’arte del Turntublish appassiona dal ‘74, da quando Dj Kool Herc portò i party al coperto ed in seguito Grandmaster Flash fece il tutto esaurito all’Audubon Ballroom iniziando un percorso che porterà col tempo a sensibilizzare l’opinione comune del Dj come musicista con uno strumento, il giradischi.

Il disco è estremamente immaturo, dalle metriche semplici alle basi monotono. Mancano l’intro e l’outro: le tracce entrano ed escono nell’I-pod senza che si capisca se è cambiato pezzo.
Il dialetto napoletano non aiuta, incomprensibile per il resto degli italiani riesce a trovare le sue giuste sfumature espressive solo nella traccia 10, ma a tratti.

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Daniela Muzi
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