Piet Mondrian: Di che stiamo parlando

Di che stanno parlando? I Piet Mondrian lo sanno bene, e lo mettono in musica sfoderando suoni freddi, elettronici e articolati

Piet Mondrian

Di che stiamo parlando

(Audioglobe)

canzone d’autore, indie

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Piet Mondrian- Di che stiamo parlandoFare musica in questo nuovo millennio non è facile. Oddio, lo è da una parte perché ci sono molti più mezzi a disposizione, ma dall’altra trovare un proprio stile originale che permetta a una band di distinguersi dall’oceano di proposte disponibili sul web è impresa ardua. Forse non per tutti, almeno non per i Piet Mondrian, il duo composto da Michele Baldini e Francesca Storai, che in Di che stiamo parlando coniugano un genere cantautorale cinico e fortemente realista con i suoni dell’elettronica primordiale.

Di che stiamo parlando è il terzo album del duo toscano, un’evoluzione dal punto di vista artistico rispetto alle precedenti release, un passaggio da un suono minimale a un sound più articolato, freddo e tagliente, fatto di elettronica vintage al grido di più campionatori e più synth. Ispirato alla new wave anni ’80, il tappeto elettronico è primitivo, originario, in apparente contrasto con la natura delle liriche.

Ed è proprio qui che sta l’unicità dei Piet Mondrian: lontano dai testi rabbiosi e di denuncia sociale dei primi lavori, Di che stiamo parlando è la sintesi di un’epoca, la riflessione sull’essere umano ma soprattutto sulla piega presa dalla comunicazione in questa società digitale, una comunicazione portata all’estremo ma in realtà priva del suo reale potenziale. Storie quotidiane, raccontate con un pizzico di cinismo e di occhio critico, spesso declamate dalle entrambe le voci maschile e femminile, due facce di quella stessa medaglia che è l’essere umano.

Con il loro album i Piet Mondrian creano un precedente e vanno a ricavarsi una nicchia nel panorama italiano che sembra non avere molti altri riscontri. Se le loro liriche possono strizzare l’occhio a band come gli Offlaga Disco Pax e la voce profonda di Michele Baldini ricorda a tratti quella di Francesco Bianconi, il loro sound pesca invece in un immaginario minimalista originale ed efficace, scevro di quella pretenziosità che a volte circonda il cantautorato moderno.

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