Luzia: la recensione di Canjerè

Luzia rilegge la tradizione brasiliana in chiave elettronica e moderna. Canjeré è album incantevole, ma di certo non adatto a tutti.

Luzia

Canjeré

(Tratore)

World Music

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Luzia recensione CanjeréDevo essere sincero, ben conscio che probabilmente attirerò qualche antipatia nei miei confronti, ma la musica latina non mi è mai piaciuta e per musica latina intendo quella cantata in spagnolo o al massimo in portoghese.

Ho fatto diversi tentativi, ma sono stati tutti a vuoto. Eppure ci sono stati negli anni scorsi casi in cui gli artisti di musica latina spopolavano nei festival, nelle classifiche e anche nei film e ci sono stati anche artisti italiani che, per seguire la moda del momento, scrivevano brani che avevano parole e sonorità che rimandavano direttamente a quel mondo.

Perciò quando mi è stato sottoposto di recensire l’album di cui parlerò fra poco, ho avuto non poche perplessità e tantissimi dubbi di riuscire a trovare anche qualcosa di buono.

L’album in questione è Canjeré di Luzia Dvorek, meglio conosciuta più semplicemente come Luzia.

Luzia è una cantante brasiliana di San Paolo che ha debuttato nel 2011 e che a giugno di quest’anno ha dato alle stampe questo nuovo album Canjeré dove si conferma una delle artiste più interessanti del panorama brasiliano, un’artista che riesce a coniugare la tradizione MPB (música popular brasileira, per intenderci quella di Caetano Veloso, nda) con nuove sonorità al passo con i tempi.

Ne esce un album incantevole, ammaliante e tutto sommato gustoso ascolto dopo ascolto.

Canjeré, oltre alla voce suadente di Luzia, vede tra i brani autori come Paulo Nero, Saulo Duarte, Danilo Moraes e Bruno Capinan e il già citato Caetano Veloso.

L’album si apre con la samba di Sambinha, dove Luzia canta versi come (sono proprio come tutti gli altri, in questo mondo senza amore) parole dure e rassegnate che sono amplificate quando compare Lirinha, poeta e cantante del gruppo Cordel de Fogo che recita alcuni versi aggiungendo altro pathos.

Con Preparação para a Morte, Luzia cambia registro e sonorità con un brano che coniuga il funky, il jazz e sonorità elettroniche che ammiccano a quelle oltre Manica che a sua volta ritroviamo anche in Sorvete, che è una cover di un brano di Caetano Veloso, e Coração da Mata.

Tempo è ouro e Parece vicio sono brani, dove la cupezza sparisce per dar spazio a suoni gioviali e reggae che ti fanno capire la versatilità di Luzia che anche in questo caso riesce a catturati senza mai annoiarti.

In Illuminada, Luzio non si dimentica delle sue origini e ci regala un brano dalle tipiche sonorità brasiliane.

Diciamo che l’album non è brutto, ma non è adatto a tutti, di certo stupisce come una brasiliana riesca a essere così versatile e capace di unire un certo tipo di musica a testi che non sempre sono solari e che forse sono anche la particolarità di Luzia.

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Michele Larotonda
Michele Larotonda

Michele Larotonda nasce a Potenza nel 1977, ma vive e lavora a Milano.
Scopre la sua passione per la scrittura durante i dieci anni trascorsi a suonare in una band in cui ricopre il ruolo di cantante e autore dei testi. Decisivo poi l’incontro con l’associazione culturale Magnolia Italia, grazie alla quale frequenta corsi di scrittura creativa e si avvicina al cinema scrivendo e realizzando cortometraggi che hanno avuto visibilità in alcune rassegne specializzate.
Scrive sulla rivista letteraria Inkroci, occupandosi di recensioni musicali, e sul blog letterario Sul Romanzo, dove recensisce libri. Ha pubblicato i libri “Sai Cosa Voglio Dire?” e “Il fascino discreto della Basilicata”.
“Il Sognoscuro” è il suo primo romanzo.

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