John Malcovitch: Hyenaeh

Un post-rock molto intransigente. È così che si può sintetizzare il secondo lavoro degli italiani John Malkovitch.

John Malcovitch

Hyenaeh

(Antgony Records)

post-rock

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recensioneJohn Malcovitch- HyenaehUna proposta ostica, assolutamente non facile da digerire. È così che si può sintetizzare il secondo lavoro degli italiani John Malkovitch. Post-rock molto intransigente in cui non c’è spazio, neanche in minima parte, per la melodia.

A parte la brevissima ed atmosferica Coda Corta, per il resto ci sono da apprezzare due bombe come Ferale e XX Kubler Ross, dalla durata media, in cui i ragazzi italiani fanno vedere di aver appreso bene la lezione di gente come Shellac, Jesus Lizard ed Uzeda.

Basso violentissimo, chitarre distorte e suono della batteria che sembra preso direttamente da una session di In Utero dei Nirvana, quando a produrre il trio di Seattle c’era il guru Steve Albini che aveva piazzato una caterva di microfoni vicino alle pelli percosse da Dave Grohl. Altri tempi, ma i corsi e ricorsi storici, tutto sommato, anche nella musica si ripetono.

L’opener Carniassale si annuncia in pompa magna con la batteria a farla da padrona, prima che la canzone prenda dei sentieri che definire impervi è dir poco.

Discorso diverso per la canzone che chiude questo lavoro, composto da cinque tracce, ovvero La Grande Madre Gialla. E’ un pezzo che nasce atmosferico per poi cambiare improvvisamente rotta con le percussioni che rievocano i Tool più lisergici.

Peccato per la mancanza di cantato che indebolisce una proposta che da interessante sarebbe potuta trasformarsi in eccellente.

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Francesco Brunale
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