Nas & Damian Marley: recensione concerto Milano, 9 aprile 2011

Unica data italiana per Nas e Damian Marley: hanno fatto letteralmente scoppiare il Palasharp di Milano accomunando le due diverse culture Hip Hop e Reggae di cui entrambi sono rispettivamente massimi rappresentanti

Nas + Damian Marley

Milano, Palasharp, 9 aprile 2011

live report


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distant-relatives-recensione-concertoUnica data italiana per il duo costituito da Nas e Damian Marley che ha fatto letteralmente scoppiare il Palasharp di Milano il 9 aprile 2011 accomunando le due diverse culture Hip Hop e Reggae di cui entrambi sono rispettivamente massimi rappresentanti.

Il tour li sta impegnando nella presentazione del loro album Distant Relatives, un capolavoro uscito ormai quasi un anno fa.

In realtà non si sono limitati a riproporci il loro lavoro fatto in featuring, ma hanno alternato momenti solisti ricordando pezzi potenti del loro repertorio personale: Nas ci ha regalato l’esibizione live di If I rule the world e Damian ci ha coinvolto in Road To Zion, pezzone in collaborazione con il rapper di New York.

Infatti non era la prima volta che i due artisti lavoravano insieme. Il loro legame artistico è cominciato nel 2005 quando Nas partecipò alla registrazione di Road To Zion, uno dei momenti più riusciti dell’album Welcome To Jamrock. Ricorda Damian Marley “quando ci siamo conosciuti per incidere quel brano ho avvertito la sensazione che potevamo fare qualcosa di particolare, una cosa vera. Non volevamo mettere in piedi la solita collaborazione, la solita canzone destinata al grande pubblico e poi ognuno per la sua strada, ma cercavamo un suono capace di celebrare le nostre storie e le nostre tradizioni che fosse anche in grado di parlare ai giovani. Abbiamo delle responsabilità precise e questa è una cosa che sento profondamente per il nome che porto e per l’esempio e la storia di mio padre che mi spingono sempre a dare il massimo”.

E devo dire che Damian sta confermando sempre di più, con prove concrete, di meritare la successione al trono Reggae lasciato dal padre, divenendo a poco a poco il nuovo leader della vecchia scuola di musica giamaicana insieme al fratello Stephen che tra l’altro si è largamente occupato di tutta la parte relativa alla produzione del disco.

Possibile dire per ogni traccia dello stesso disco “questa è la più bella”? Nel caso di Distant Relatives, si, possibilissimo. E’ un album imperniato sul dialogo continuo ed impetuoso tra il Reggae e l’Hip Hop, dialogo manifestato dai due anche sul palco attraverso un’intesa perfetta nelle entrate sulle basi ed un feeling indiscutibile nella condivisione dello spazio scenico.

Incredibile la coreografia sullo sfondo: la gigantografia dei loro volti spalla contro spalla, divisi soltanto dal perimetro del continente africano illuminato da led accesi. Le luci alternavano toni caldi ai tipici colori della bandiera giamaicana sventolata per tutta la durata dell’esibizione (incredibilmente circa due ore!) da un fierissimo rastaman.

Sotto al palco e nelle platee ragazzi di ogni colore ed età, tutti accomunati dalla passione per le stesse vibrazioni. Perché i due tizi in questione sono riusciti ad entusiasmare fortemente anche chi si riconosceva di più in uno dei due ritmi: Damian in ottima forma, ha tenuto il palco con estrema lucidità con quel timbro di voce incredibile, un po’ ruvido, un po’ dolce; Nas più brillante nel finale ha rappato benissimo sull’ultimo pezzo.

Tema fondamentale del disco le rivolte nel Nord Africa e l’importanza della reazione messa in moto dai ragazzi africani, la disuguaglianza e la povertà nonché la libertà per i paesi soggiogati: emblematico il messaggio di Damian nel pronunciare la frase “freedom for Italy” che manifesta una consapevolezza sulla condizione italiana (non sono mancati cori anti-berlusconiani).

Di contorno i rasta lunghissimi di Damian e Nas, decisamente dimagrito rispetto alle sue ultime apparizioni oltre alla tipica fragranza che si poteva respirare gratuitamente (che non è quella di sudore!)

La folla ha ballato come se fosse stata ad una dancehall reagendo ad ogni imput proveniente dai due artisti: emozionante il momento degli accendini accesi, ma anche l’entrata sul pezzo “As we enter” ed il finale dove Damian ha reso omaggio al padre con l’interpretazione di Could you be loved.

Ho visto persone piangere dalla commozione, ridere ed abbracciarsi per la condivisione dei valori che queste culture professano comunemente. Ballare e scatenarsi. Io invece sono rimasta muta ed emozionata.

 

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Daniela Muzi
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