Raesta: recensione di Fuoco di Paglia

Il cantautore Stefano Resta, in arte Raesta, racconta stati d'animo e riflessioni nel suo disco solista Fuoco di Paglia, mescolando stati d'animo variabili a nostalgiche vibrazioni elettro-pop e malinconiche folk ballad acustiche.

Raesta

Fuoco di Paglia

(Alka Record Label)

cantautorato italiano, emo-rock, indie-pop, it-pop, elettro-pop, folk acustico

[voto 3.2]

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Dopo alcune collaborazioni con nomi già noti della scena underground nostrana e la pubblicazione del singolo apripista Ehi Monsieur, il cantautore e polistrumentista pugliese Stefano Resta, in arte Raesta, firma il suo primo EP solista intitolato Fuoco di Paglia, edito per Alka Record Label, sotto la produzione di Michele Guberti, e registrato insieme a Manuele Fusaroli presso il Natural Head Quarter Studio di Ferrara.

Attraverso l’idea di una personale teoria del tutto che concilia maturità artistica e crescita interiore, così come visione provinciale e metropolitana, Raesta prova a raccontare, quando in modo scanzonato e ironico quando con una sensibilità da malinconico sognatore, stati d’animo e riflessioni annesse ai cambiamenti dell’attualità, ai fragili equilibri dei rapporti interpersonali e alla rapidità con cui bruciamo le grandi illusioni, e altrettanto velocemente torniamo a cercarne di nuove. Instancabile fabbricante di illusioni che è l’essere umano, tanto quanto lo è poi nel distruggerle.

In questa corrispondenza circolare tra esperienze del passato e incognite del futuro, le cinque tracce della release (Ehi Monsieur, E Sé Fossi Tu, Ragazzi Marsigliesi, Andrea, Popcorn) prendono forma attraverso nostalgiche vibrazioni disco-esotiche alla Metronomy che si mescolano a certe formule accattivanti dell’indie-pop mediterraneo (E Sé Fossi Tu), come in una suggestiva congiunzione tra Luna e Venere, alternando una scoppiettante verve rock & roll alla Bennato (Ehi Monsieur) a una frizzante indolenza elettro-pop che rimanda ai vari Cesare Cremonini, Calcutta e Colapesce Dimartino, sfumando infine certi slanci contemporanei nello spazio intimo di folk ballad acustiche dall’inconfondibile caleidoscopio battistiano (Popcorn).

Nel suo andamento tematico, Fuoco di Paglia si consuma dunque nell’antica memoria di giovani ribelli (“guerrieri forti di un’altra età”), nella vanità che si cela dietro le citazioni, nell’ansia di un’attesa, nei dilemmi d’amore (“e se fossi tu e non un pensiero, come tanti nella mia mente”), nell’affannosa e reiterata ricerca di un qualcosa che riempia la nostra quotidianità, nella siccità emotiva dei nostri giorni (“perché in fondo sto mondo ti sembra sempre più asciutto”) e nei troppi fuochi di paglia che ardono intensamente per poi si spegnersi in breve tempo: “la luna brucerà dentro il cuore di chi sa aspettare”.

In fondo, come suggerisce Raesta, abbiamo tutti bisogno di una vacanza, come quelli che se ne vanno a Londra a sognare o forse a studiare, per poi tornare a scrivere fino a notte fonda, e non dormire più. Ora brindiamo alle cose facili, per poi goderci un’altra ingenuità.

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