Oil On Canvas: recensione di Red

Gli Oil On Canvas continuano ad alimentare quell'idea di corrispondenza tra musica, mondo dell'arte, linguaggio visivo dei colori ed esperienze personali, immaginando le loro canzoni come fossero quadri esposti in una galleria d'arte.

Oil On Canvas

Red

(R)esisto Distribuzione

elettronica, canzone d’autore, cantautorato italiano, art-rock, new romantic

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Provenienti da molteplici esperienze maturate già alla fine del secolo scorso e a distanza di nove anni dal secondo lavoro discografico Due, gli Oil On Canvas tornano sulle scene mandando alle stampe il loro terzo album intitolato Red, edito per l’etichetta ferrarese (R)esisto e anticipato dall’uscita dei singoli L’amore Non Impone e Orfeo.

Oltre a rendere omaggio ai Japan di David Sylvian, sia per la scelta del nome che per alcune assonanze calligrafiche, gli Oil On Canvas – duo trentino formato da Marco Carner (chitarre acustiche ed elettriche, basso, tastiere) e Valerio Bazzanella (voce) – continuano ad alimentare e ad esplorare quell’idea di corrispondenza e affinità elettive tra musica, mondo dell’arte, linguaggio visivo dei colori ed esperienze personali, immaginando le canzoni come fossero quadri esposti in una galleria d’arte, delle quali è possibile sentire i tratti in rilievo, come i segni del tempo sulla pelle.

Così, le nove tracce di questo nuovo capitolo autorale – dalle nuances morbide, chiaroscurali, carezzevoli e suadenti – scivolano via come olio su tela, creando un’alchemia orchestrale di sensazioni nostalgiche spatolate in modo armonioso e passionale (“vorrei che i nostri sguardi sapessero di strada come allora”), in cui atmosfere oniriche dagli echi new-wave-romantic di marca britannica si fondono con l’eleganza introspettiva di certo cantautorato italiano che rimanda ai vari Lucio Battisti, Stadio, Garbo, Mango e Niccolò Fabi.

Sospensioni dal taglio poetico, melodico e malinconico si susseguono e riverberano tra gli anfratti dell’animo umano, in quei cuori lacerati che continuano a rincorrere fantasie epicuree e a ricercare nella lezione del passato risposte alle rovine etiche dell’attualità. Dilemmi interiori che gli Oil On Canvas, districandosi tra il dolore delle parole e l’effetto analgesico della musica, accolgono nella sfera intima e narrativa di Red, attraverso un viaggio sentimentale che fa i conti con la percezione del mondo in divenire, la sofferenza delle speranze vanificate, l’ineluttabile passaggio delle stagioni, la nostalgia dei giorni andati, in un gioco di fragili equilibri tra memoria e prospettiva.

Ogni respiro si trasforma in ritmo, si dilata in accurata riflessione di archi e synth, si comprime nelle sue ombrose foschie elettro-rock, mentre contenuti e immagini scandiscono dinamiche sociali di un presente dai riflessi orwelliani: si va dalla bellezza naturale dell’amore che non dovrebbe mai conoscere imposizioni alla schiavitù di amori tossici, unilaterali, non corrisposti (“ma un amore a una sola direzione rende schiavi senza una ragione, ottuso e cieco chiuso come una prigione, non è amore è una maledizione“), dalla follia delle guerre alla cultura del profitto e dell’individualismo, passando per le complessità, le avversità e le continue sfide che ruotano attorno ai rapporti interpersonali, nell’ambito di quelle relazioni di coppia per nulla semplici (d’altronde, nessuna lo è), ma che in fondo rappresentano il nostro vero investimento per la vita (“dovremo solo parlare di come siamo arrivati qui, di come abbiamo in mente di uscirne, di come trovare le parole e trasformarle in un fiore, senza troppo rumore”).

Da menzionare anche il tributo al mito di Orfeo – nel brano omonimo – con il quale gli Oil On Canvas, da un lato, sottolineano il valore simbolico e terapeutico della musica nei confronti delle tempeste emotive causate dall’amore, e dall’altro il melodramma racchiuso nell’eterno dualismo tra l’uomo e i suoi ideali spesso irrealizzabili.

Canzoni che riescono persino a commuovere, come nell’epilogo dolce e struggente di Al Centro, da cui emerge il delicato tema della separazione, dell’assenza, quando ci si ritrova ad affrontare la perdita della persona amata, dopo tutta una vita insieme. In quei momenti di sconforto e smarrimento emotivo, la sensazione è quella di essere stati privati di una parte di noi stessi. E non c’è modo di andare oltre quella mancanza, quel vuoto incolmabile, poiché quella persona sarà sempre al centro della nostra vita, di quell’antica promessa: “giro di notte per casa, non provo neanche più a dormire, accendo la luce e ti cerco, mi sembrava fosse la tua voce, non riesco a staccarmi da te, dal tuo volto dalla tua vita, sei sempre sarai al centro”.

Guarda il video di Oil On Canvas – L’Amore Non Impone

 

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