Nul Telexes
Menhir
(Swiss Dark Nights)
cold wave, post-punk
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È davvero il mio giorno propizio, oggi ho incontrato i Nul Telexes con il loro fervore visionario, violento, suggestivo e del tutto disarmante.
In questi interminabili giorni ambigui frutto di un’inquietante sospensione atemporale obbligata dal COVID-19 e connesse limitazioni, giunge a sorpresa una incantevole scossa emotiva, un disco in mezzo a tanti che ascolto con la mente sgombra, come sono solita fare, in bilico nel consueto limbo di aspettative e curiosità.
Il duo di Liverpool esce con Menhir, album d’esordio pubblicato dalla label svizzera Swiss Dark Nights in crescita ormai esponenziale grazie ad una rosa eccellente di artisti ed alla innegabile qualità della musica prodotta, una di quelle label che non smette mai di investire su nuovi progetti scommettendo sul talento, quello vero.
Voce, synth, chitarra e drum machine sono gli elementi portanti della splendida opera prima di Philip Rourke (conosciuto per la sua piccola etichetta indipendente Edils Recording e per aver scoperto Double Echo) e James Dyke con l’incursione esterna di Kim Bell (Broken Nails) nel cameo su Frame By Frame.
Le prime note di A View From The Scene mi bastano per capire quale pasta si mastichi nel disco, intramuscolo dall’atmosfera magica, quasi mistica, la voce di Philip, dolorosa e profonda, implode nell’eco delle sue stesse parole rincorrendo la traccia successiva, Fiction, che profuma di malinconie abissali e di darkwave nuda e cruda, chiudi gli occhi e balla sembra sussurrare nell’oscurità di una notte gelida piena di sogni infranti all’alba di un nuovo giorno.
A Play suona talmente tonda da immergermi in un loop immaginifico dal quale non vorrei più uscire, la ascolto ripetutamente ed ogni volta mi provoca turbamento, i riverberi della chitarra volano altissimi sul tappeto sonoro dal ritmo serrato dove tuonano linee vocali dissonanti ed armoniche al tempo stesso, Richard come novello Ian Curtis caduto ancora sulla terra.
La title track è un pugno nello stomaco, densa, cupa e perduta tra le venature oscure di un suono studiato in ogni minimo dettaglio esattamente come Collapsing Spaces dove un uptempo inquieto e nostalgico si incrina nelle piccole aperture insperate, ariose e perfino romantiche.
Dialectic è il classico brano illuminato, uno di quelli difficilmente ripetibili (anche se lo spero e non sapete quanto), l’introversa impenetrabilità dell’attacco lascia filtrare timidi raggi di luce da pertugi millesimali dove, strano a dirsi, sembra poter dimorare la beatitudine eterna o forse più semplicemente una parvenza di pacificazione dell’anima mentre Streetlights è l’accompagnamento ideale per una pausa dal mondo, una passeggiata notturna con la testa vuota e i desideri ben stesi sotto il sole di domani.
Chiude Frame By Frame con l’intreccio vocale di Richard e Kim e penso che sarebbe magnifico riavvolgere il nastro, avere ancora in mano il disco vergine e poterlo profanare abusandone fino a perdere le forze.
Il concetto base di Menhir è a conti fatti racchiuso nei video di Dialectic e Streetlights, la luce oltre il buio, la speranza oltre la disperazione, il sogno oltre le maledizioni del nostro presente, nel primo le immagini in bianco e nero lasciano poco a poco spazio ai colori, ad un cuore pulsante che scandisce i battiti della nostra vita, nel secondo sono i bagliori della città ad accendere la speranza come finestra aperta sulle nebulose del nostro tempo infame.
Menhir è un disco gonfio di suggestioni emotive fortissime che consiglio alle anime in transito in cerca di sé stesse, quelle pronte a scavare nel profondo prive di paura per ciò che potranno trovare, una brutta verità è migliore di qualsiasi bella bugia e qui di bugie non ce ne sono, Menhir è il frutto succoso di una grande capacità tecnica, un elegante senso estetico ed una sensibilità artistica fuori dal comune.
Ascolta i Nul Telexes su Bandcamp
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