Muna: Sospesa In Volo

Il nuovo album dei Muna, Sospesa in volo, prodotto da Roberto Costa (Dalla, Carboni, Ron, Stadio) si muove lungo la linea di un rock che deborda nel prog e in mille altre sfaccettature che loro stessi fanno fatica a inquadrare

Muna

Sospesa In Volo

(Martelabel)

pop, rock

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Muna-Sospesa-in-voloI Muna sono un progetto musicale che nasce a Roma sul finire del 2012 intorno alle fantasie e alle ambizioni del frontman Marco Bellone.

Sospesa In Volo è il loro secondo album che segna il passo alla definizione della line-up con due nuovi innesti (Carlo Marzullo al basso e Nicola Tortorella alla batteria).

La title-track inizia con un andamento insolito che si tramuta in una melodia semi-radiofonica impreziosita da un bell’assolo di chitarra elettrica e da una batteria che picchia decisa, mentre il testo parla del distacco ultimo e definitivo dalle persone amate, qui visto come situazione temporanea, tappa di un viaggio più grande, una freccia sospesa in volo.

Il rock è il filo conduttore, lo dicono loro stessi, eppure si ondeggia sconfinando in territori adiacenti ma apparentemente anche molto lontani.

E la prima sbandata arriva già alla seconda traccia, Viaggio Astrale, che inciampa nei percorsi della psichedelia accompagnata dalla sempre abile chitarra di Giuseppe D’Angelo che sembra emergere dagli abissi, a cui fanno da contrappunto gli altrettanto tonici colpi di plettro di Luciano Ciamarone.

Prima di scrivere le recensioni di artisti che non conosco sono solito documentarmi quanto più possibile, per onestà intellettuale e punto. E’ così che mi sono imbattuto in un interessante –antropologicamente parlando- editoriale scritto da Ciamarone su jaymag.it del quale mi hanno colpito alcuni passaggi. Elucubrando sul fatto che la perseveranza nell’inseguire il mero soddisfacimento dei nostri bisogni scoprirebbe la nostra natura di animali sciocchi, il giovane chitarrista si è posto un serio dubbio: “E’ davvero questo che siamo? Gli animali più stupidi del pianeta?”. E peccato si sia dato una risposta, perché il quesito avrebbe potuto essere uno spunto interessante applicabile a contesti molto più ampi e diversificati. Prosegue Luciano raccontando che durante un recente viaggio in treno ha visto salire dei venditori ambulanti e ha pensato (solo pensato) “ma come cazzo fanno a vivere questi qua?”, poi un tizio che lo ha informato di un risultato calcistico facendogli pensare (solo pensare) “e ‘sti gran cazzi!”, infine un’amena donzella che lo ha immediatamente riconciliato con l’armonia del mondo e con cui avrebbe immediatamente copulato in loco (ma anche questo l’ha solo pensato!). E così, guarda un po’, si è ritrovato a pensare (e l’ha anche scritto) che il “solo pensare è inutile. E allora io che l’ho fatto sono più inutile di quelli che non pensano neppure”. Cervellotico? Lui si è risposto un’altra volta: “Se sai provare delle sensazioni straordinarie le devi trasmettere, se sai ponderare ingegnose soluzioni le devi realizzare, se sai motivare te stesso e gli altri devi esporti. A ciascuno il suo compito, non sono un letterato, sono un musicista”.

Appunto. E il poter osservare senza grandi filtri l’anima racchiusa dentro il corpo di un musicista aiuta più di mille chiacchiere a capire la vera essenza della sua espressività artistica. Ecco perché ho la tendenza a contattare coloro di cui scrivo, ed ecco perché spesso sono particolarmente soddisfatto delle interviste che ne escono.

Ma torniamo all’album.

Ospiti, così come qualche traccia più avanti Muta, affondano il pedale sul prog.

Come si fa a stuprare l’anima vile nuda? Come si fa a comprare una carogna?

Gradevoli gli intrecci di chitarra di Simbiotica Essenza che, insieme alla successiva Angeli E Demoni (anche qui un altro pregevole solo che non passa certo inosservato), può forse catalogarsi alla voce ballad, anche se la definizione potrebbe essere impropria e un po’ forzata per descrivere due pezzi “romantici” che vanno a fare da spartiacque.

Il miglior brano è quello che segue, Ti Muoio Dentro, una orgasmica cavalcata che si snoda su un ritmo frenetico che poi si smorza su un “sì sì sì sì sì”.

Notte sfodera una delicatissima melodia che sfocia in un ritmo sorprendente e per alcuni versi, volutamente certo, dissacrante.

Chiude Aeroporto Falcone Borsellino, nelle intenzioni della band un ideale riassunto sia musicale che letterario dell’intera track-list che, di sicuro, richiama le origini palermitane del vocalist e che abortisce ogni suono con la lapidaria, in ogni senso, citazione: “Chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”. 

Co-produttore di Sospesa In Volo è Roberto Costa, storico bassista e produttore di Lucio Dalla, Stadio, Ron, Luca Carboni, tanto per citarne alcuni. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere.

RS – Quali sono le principali differenze tra Intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film e Sospesa in volo? Voglio dire, è cambiato tutto: il modo di registrare, i gusti del pubblico, il gusto di arrangiare (anche in conseguenza dei primi due) ma, soprattutto, la promozione e la distribuzione, se ancora di distribuzione si può parlare…

RC – Paradossalmente, “Dustin Hoffman…” e “Sospesa in volo” sono stati realizzati quasi nella stessa maniera a distanza di 30 anni. Allora, noi musicisti andammo in studio tutti insieme dopo 15 giorni di prove in cantina e registrammo in presa diretta praticamente tutto, sovrapponendo poche cose, oltre alla voce definitiva. E il divertimento con i Muna è stato un approccio molto simile: garage per le prove e studio per registrare con pochissime sovrapposizioni e qualche piccola tastiera complementare che mi sono fatto nel mio studio mentre mixavo. Diverso è il discorso sulla promozione che si deve far notare in un mare magnum di produzioni e la distribuzione che oggi è praticamente sparita con l’avvento dei digital store. Quindi realizzare un disco, oggi è la parte meno faticosa. Poi bisogna farlo conoscere e tentare di venderlo…

RS – Come sei venuto a conoscenza e cosa ti ha convinto a sposare il progetto Muna?

RC – L’anno scorso ho curato la realizzazione delle musiche, per il Balletto di Roma, di uno spettacolo intitolato “Futura – ballando con Lucio”, ovviamente dedicato a Lucio Dalla. Così ho conosciuto Marco Bellone (che è stato un ballerino e oggi lavora come coreografo per il Teatro Massimo di Palermo) che mi ha fatto sentire il loro precedente CD chiedendomi se avevo voglia di produrre quello nuovo che stava nascendo a livello di scrittura. Mi sono ascoltato alcuni demo veramente casalinghi registrati in sala prove e ho sentito che molte cose del loro linguaggio provenivano da lontano, dal rock progressivo degli anni ’70 e la cosa mi incuriosiva dato che loro non erano nemmeno nati all’epoca. Quindi mi sono detto che, mettendo ordine alle idee a volte poco chiare e spingendoli in una direzione che si staccasse dagli stilemi della solita band rock indie (trovo che ce ne siano veramente tante in giro con il risultato di disperdere tutto il potenziale) avrebbero potuto dire qualcosa di nuovo e di antico allo stesso tempo, una sorta di codice subliminale inserito in un linguaggio asciutto ed essenziale che è un po’ la loro cifra stilistica.

RS – Nonostante la presenza di due ottime chitarre la sezione ritmica salta spesso in primo piano, mi vengono in mente due dei brani a mio avviso meglio arrangiati, Ti muoio dentro e Notte. C’entra qualcosa la tua vena da bassista?

RC – Non credo… Quando produco qualche Artista, spesso mi dimentico di essere anche un musicista e in special modo un bassista. Mi interessa capire che emozioni escono dalla miscela che sto lavorando e mi sembrava che l’essenzialità della ritmica fosse a volte più funzionale al sound dei Muna, che avesse un po’ più di personalità e che supportasse meglio la voce di Marco che spesso non canta le melodie come farebbe un cantante tradizionale ma incastra il ritmo delle parole più con intenzione “rap” che melodica creando a volte dei miscugli sorprendenti. Ovvio che poi, avendo sia Luciano che Giuseppe un gusto particolare per i riff importanti che catturano l’orecchio, ho cercato di equilibrare i momenti chitarristici e i momenti crudi voce-basso-batteria per non perdere nulla della modernità del loro linguaggio.

RS – Mi racconti un aneddoto della lavorazione di Sospesa In Volo? Una telefonata nel cuore della notte, una discussione, un’idea inattesa, uno scherzo ben riuscito…

RC – Abbiamo lavorato in grande relax, ascoltandoci a vicenda, proponendo e sperimentando in modo molto curioso tutte le cose che ci saltavano in mente e quindi i messaggi nel cuore della notte erano all’ordine del giorno…

RS – Domanda di più ampio respiro. Sarò sincero: a me i giovani musicisti italiani, al di là del genere (che ormai, sarò solo pessimista o già troppo vecchietto a 41 anni?, è forse soltanto il vestitino che si mette a un brano per farlo arrivare a un determinato target), suonano un po’ tutti uguali. Qua e la ce n’è qualcuno che mostra potenzialità che rimangono però immancabilmente assorbite all’interno di brani musicalmente mai troppo coraggiosi, riempiti di testi che stigmatizzano un po’ troppo linearmente i mass-media, i social network, una certa politica madre di ingiustizia sociale e altri temi di facile presa cantati con una imprescindibile ferocia latente nella voce. Sei d’accordo? mi sbaglio? come la vedi?

RC – La risposta è nella domanda. Non ti sbagli. Da anni frequento in incognito il MEI a Faenza (Meeting degli Indipendenti, manifestazione annuale che raduna le principali produzioni indipendenti, NDR) e posso dirti con cognizione di causa che non è vero che se sei un band indie sei una figata. Quasi sempre fai cagare. Non c’è marketing che tenga. Le scuole di Musica, i talent e via dicendo stanno davvero omologando tutto e tutti. Col risultato che tutto sembra uguale ma la qualità e l’ispirazione sono sempre meno importanti. Una parolina per i miei colleghi produttori. Spesso gli Artisti chiamano il produttore di successo del momento perché pensano che se ha fatto un successo ha trovato la formula, può ripetersi e farlo anche con te. Il risultato è che tutti i dischi del produttore X o di Y suonano uguali a sé stessi e che quindi la personalità dell’Artista è andata a farsi benedire. Il vero produttore, secondo me, è quello trasparente, che non sai se c’è e chi è ma “veste” il disco proprio per quell’Artista esaltandone la personalità. Ma qui andiamo un po’ troppo sul filosofico.

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