Manuel Agnelli: la recensione di Ama il Prossimo Tuo Come Te Stesso

Manuel Agnelli debutta come solista: una notizia che crea aspettative e preoccupazione al contempo. Ma Ama il Prossimo Tuo Come Te Stesso è la perfetta emanazione della natura intrinseca di questo artista.

Manuel Agnelli

Ama il Prossimo Tuo Come Te Stesso

(Universal)

indie rock

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Manuel Agnelli balla da solo. Spogliatosi della confortevole quanto collaudata coperta degli Afterhours, l’artista milanese si scopre debuttante a 56 anni, lanciandosi in questa nuova impresa con la consueta sicumera. Una mossa, questa, che rischia però di rivelarsi un’arma a doppio taglio: come vivranno gli intransigenti fan storici questa sorta di ‘tradimento’? Manuel sfrutterà l’occasione per ‘liberarsi’ dall’ingombrante creatività degli elementi che compongono l’ultima (e più riuscita) line up della band? Di sicuro, per noi estimatori di colui che ha scritto una delle pagine più importanti dell’indie rock italiano, un disco atteso quanto temuto.

Quella che si preannunciava come una parentesi legata semplicemente alla colonna sonora del film Diabolik dei Manetti Bros. ha via via assunto un aspetto ben più ampio, diventando un vero e proprio progetto solista. Che fin dal primo ascolto si rivela esattamente per quello che è: un album di Manuel Agnelli, un musicista con un’esperienza e un background vasti e solidi, che non ama scendere a compromessi e che si esprime senza filtri, mettendo a nudo una realtà fatta di apparenza e falsi perbenismi che con il tempo comincia a lasciar trasparire la puzza di marcio.

Ama il prossimo tuo come te stesso è destinato a non deludere le aspettative, per molti motivi. In primis, perché suona come il naturale proseguimento di Folfiri o Folfox e i brani piano e voce Tra mille anni mille anni fa e la title track (poste non a caso in apertura e in chiusura) ne sono un esempio. E poi perché ci sono molti rimandi alla musica della band milanese e alle sonorità rincorse negli anni, come ad esempio il riff di Severodonetsk che omaggia l’iconica Male di miele e Signorina mani avanti che ci riporta con la memoria a Ballate per piccole iene.

 

Agnelli passa con disinvoltura da ballad in cui la voce morbida e graffiante è sostenuta solo dal piano e dal violino (e qui, menzione d’onore per Milano con la peste), a pezzi rock dissonanti, in cui la chitarra distorce, scuotendo l’ascoltatore fin nell’animo. Forse perché questi sono due lati che da sempre appartengono a questo artista, che per la prima volta si è preso la libertà di scrivere, comporre e suonare tutto da solo, dando così ampio spazio al pianoforte, che in realtà è lo strumento per il quale si è formato. Complice la pandemia e l’impossibilità di avere contatti con altri musicisti, si è creata l’occasione di dare sfogo a uno dei tanti aspetti della sua natura poliedrica. (E per vederne un altro, ci basterà aspettare qualche mese, quando calcherà i palchi dei teatri con la versione italiana di Lazarus, il musical scritto da Bowie e portato in scena a New York poco prima della sua morte).

Sfido chiunque a dire che Manuel Agnelli non abbia centrato (di nuovo) l’obiettivo. Fedele a se stesso, ha pubblicato Ama il prossimo tuo come te stesso per dare forma alla sua personale urgenza creativa e non per sottostare alle logiche di mercato. Ma d’altronde, era stato lui il primo ad ammettere che X-Factor era solo la chiave per poter fare molto altro (e il riuscitissimo Ossigeno in seconda serata su Rai 3 ne è stata la prova). E proprio per restare fedele a questa sua indole, a breve lo vedremo di nuovo dal vivo con il gruppo che l’ha accompagnato in tour l’estate scorsa (Little Pieces of Marmelade, Beatrice Antolini e Giacomo Rossetti). E c’è da scommettere che l’accoglienza del pubblico sarà pari a quella di una nuova release degli Afterhours.

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