Mambassa
Torino, Hiroshima Mon Amour, 12 novembre 2010
live report
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Il mondo della musica è un po’ come quello delle soap opera: tutto può succedere. Nelle migliori telenovele d’oltreoceano i personaggi muoiono e risorgono come con la stessa naturalezza con cui si risposano tra consanguinei. Figuriamoci se nel mondo della musica una band non può prendersi una pausa di un numero più o meno imprecisato di anni e tornare come se niente fosse, riprendendo il discorso proprio da dove lo aveva interrotto. Ovvio, quando si parla di gruppi come i Take That si pensa subito a una manovra commerciale; ma davanti al coinvolgimento e alla palese voglia di suonare che traspare al cospetto di questi 5 ragazzi di un ‘paese di tre lettere’ è bello pensare che non è sempre il dio denaro a muovere le scelte personali.
La sala Majakovskij dell’Hiroshima Mon Amour è praticamente piena quando poco dopo le 23 i Mambassa salgono sul palco: guardandomi intorno l’ultimo pensiero che mi sfiora la mente è che la grande affluenza sia dovuta semplicemente all’ingresso gratuito. C’è gente di un po’ tutte le età, nostalgici e nuove leve in rappresentanza del successo che la band ha sempre riscosso nel capoluogo piemontese. E c’è attesa: l’attesa di rivedere sul palco Stefano Sardo, Fabrizio Napoli, Massimo Lorenzon e Gianfranco Nasso, che a fine anni ’90 sono stati tra gli esponenti di quella nuova ondata di musicisti italiani pronti a sovvertire le regole delle charts. Quella voglia incontenibile di risentire live certe canzoni che nonostante la lunga pausa hanno accompagnato le nostre giornate va a braccetto con il timore di non trovare più quella stessa magia.
Si apre con Immolando un’ora e mezza di show molto più energico, intenso e appassionato di quanto non si sia mai visto in passato. La conferma la si legge sui volti di chi sta in platea, così come su quelli dei Mambassa, che lasciano trasparire un filo di emozione e la voglia di esserci, di nuovo. Sono le tracce di LP, l’ultimo album in studio, le prime a scendere in pista a testare l’indice di gradimento: Nostalgia del futuro, La pioggia di settembre e ovviamente Casting, primo singolo estratto, balzato agli onori della cronaca per il ricco parterre di talenti del cinema italiano che ne popola il video. C’è posto ovviamente anche per i capisaldi di inizio 2000: L’antidoto, L’alieno, Alice non si sveglia e Il cronista, vengono ben accolti dal pubblico, che ne apprezza la nuova veste, regalo delle due recenti new entries: Fulvio Bosco alle tastiere e Luca Cognetti alla chitarra, che hanno dato un’impronta sorprendentemente più rock ai brani del passato.
Con 1972 si chiude la prima parte del concerto. Tattica (e breve) uscita di scena per tornare con i bis, tutti pezzi d’annata: Umore blu neon, unico estratto dall’album d’esordio, Canzone d’odio, Splendida cometa e Otto giorni, queste ultime estratte dal secondo album e delle quali proprio non potevamo fare a meno. I Mambassa sono diventati un gruppo dal sound più raffinato rispetto al passato, ma l’energia di queste tracce è davvero incontenibile e irrinunciabile.
Anche se non ancora al 100% delle proprie potenzialità, la band ha di sicuro dimostrato di non accusare il colpo di un lungo periodo di stand-by. Confermo quanto detto per il loro nuovo album: un ritorno in grande stile.
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