Low-Fi

Un trio campano dal suono estremamente britannico e tante apprezzabilissime qualità. Fra cui una che ci rende particolarmente soddisfatti...

Low-Fi

s/t

(Cd, Octopus)

indie rock

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I Low-Fi hanno un gran merito: sanno comporre una cartella stampa.
Biografia, foto, testi: tutto quello che serve a uno sventurato recensore per imbastire un pezzo e che nel 99,9% dei casi non viene accluso ai cd che gli vengono proposti.

Bene, dopo questa pubblicità-progresso che farà la felicità dei miei colleghi e farà apparire il sottoscritto come uno st****o all’occhio dei lettori (d’altra parte mi viene pure bene), possiamo riprendere a parlare di musica.

L’esordio del trio partenopeo è un ep di cinque tracce che si fa apprezzare innanzitutto per l’elegante grafica di copertina che rimanda un po’ allo stile sobrio ed elegante di Peter Saville e della Factory.

Non può che far piacere constatare che il cd non si limita ad essere curato solo nella presentazione, ma è pure denso di tanta sostanza: canzoni ben strutturate, con esemplare attenzione per suoni ed arrangiamenti. C’è grande compattezza nel muro sonoro dei Low-Fi, che però non è mai statico: l’ottimo bass-playing rende agili impianto armonico e struttura ritmica dei brani; il controllo perfetto delle dinamiche della chitarra ne garantisce il giusto impatto; la buona interpretazione vocale rende giustizia a melodie che sanno spesso di già sentito (Muse?) ma risultano comunque piacevoli.

La band ha alle spalle già sette anni di attività, ma approda solo ora all’esordio: un ulteriore merito, a modo di vedere del sottoscritto: quando si arriva in studio con le idee chiare e un suono rodato i risultati si sentono, come nel caso in questione.

Se dobbiamo indicare un brano più riuscito di altri ci orientiamo verso le indovinate intuizioni melodiche di The White Lane, ma il disco scorre tutto che è un piacere tra distorsioni mai troppo aspre, ritmiche potenti e lineari e qualche inserto elettronico cui personalmente avremmo dato più spazio, visti gli interessanti risultati ottenuti nella conclusiva Something.

Produzione a cura di Giuseppe Fontanella, chitarrista dei concittadini 24 Grana: non sappiamo quanto abbia inciso sull’aspetto artistico, ma sicuramente si sente la mano di un veterano nell’ottimo lavoro di studio.

Faccio presente agli interessati che tutto quanto scritto sopra potrebbe essere stato leggermente deviato dal fatto di aver ascoltato un’apocrifa versione industrial dell’album farcita di trapani e martelli, grazie alla non richiesta collaborazione degli operai che stanno ristrutturando l’appartamento del piano di sotto.

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