L’iconoclastia di Marilyn Manson

Un ottimo volume analizza i testi delle canzoni dell’Anticristo Superstar. Si può amarlo od odiarlo, ma guai a scambiarlo per uno stupido: ci si potrebbe accorgere troppo tardi che abbiamo a che fare con uno dei più grandi comunicatori del rock contemporaneo

Giulio Nannini

Le Canzoni di Marilyn Manson (commento e traduzione dei testi)

(Libro, Editori Riuniti, collana Pensieri e Parole, 14 euro)


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Deriso, amato, odiato, bistrattato, chiacchierato, idolatrato, reo di ispirare massacri nelle scuole, di vilipendio della religione e della bandiera: Marilyn Manson è un personaggio che, volenti o nolenti, non passa inosservato.

Non fosse altro che per far chiacchierare i benpensanti o per essere sbattutto in prima pagina dai media ottusi e bigotti, Brian Warner (questo il suo vero nome) è il capro espiatorio ideale soprattutto per chi di musica non si intende o presume di intendersene troppo. Un personaggio comodo da crocifiggere in quanto facilmente accusabile di essere infinita fonte di perversione della gioventù e un cattivo esempio in generale.

La sua musica può piacere o no, lo si può considerare come un nipotino (o scopiazzatore) di Alice Cooper, ma di sicuro non si può far finta di niente.

Il suo incarnare vizi e (le poche) virtù della società americana, oltre alle sue pose provocatorie, fa sì che ogni suo nuovo album sia un evento in sé, a prescindere dal suo valore squisitamente musicale.

Quello che invece dovrebbe essere evidente a chiunque è la straordinaria forza di comunicazione del circo mediatico innescato dalle provocazioni del signor Warner, dalla sua biografia (vera o presunta), snocciolata ad arte quanto a tempi ed episodi, dai suoi videoclip, dei veri pugni in faccia al pubblico, e dai suoi concerti, che spesso finiscono per essere annullati dalle associazioni integraliste religiose o finiscono con denunce per atti osceni.

Ma i testi dell’Anticristo Superstar (giusto per citare il titolo dell’album che l’ha fatto balzare nelle classifiche di tutto il mondo) non sono mai banali e/o provocatori gratuitamente.

Quello che esce immediatamente chiaro dal bel volume di Nannini è la lucidità del pensiero e delle idee di Warner.

Le canzoni del Reverendo sono un atto d’accusa contro i genitori americani e la loro baby-sitter preferita, la televisione; ma anche contro la società occidentale in generale, corrosa dal consumismo e dalla perdita dei valori. Perché il teatro del grottesco di Marilyn Manson, paradossalmente ma non troppo, rimanda direttamente ad una fitta schiera di valori, credi e convinzioni, di volta in volta derisi, sbeffeggiati o di cui si sente la tragica mancanza.

Tutta la discografia di Manson è setacciata in dettaglio da Nannini, che non si limita a tradurre i testi delle canzoni, ma li colloca in un contesto socio-storico-culturale, per meglio capirne la genesi ed il significato intrinseco, operazione tutt’altro che scontata.

Insomma, un ottimo volume, agile, da divorare tutto d’un fiato, non solo per i fans di Manson, ma anche e soprattutto da chi ha la sufficiente onestà intellettuale per ricredersi sul suo conto e magari continuare a non divertirsi con il suo rock di matrice goth e industriale.

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Massimo Garofalo
Massimo Garofalo

Critico cinematografico, sul finire degli anni '90 sono passato a scrivere di musica su mensili di hi-fi, prima di fondare una webzine (defunta) dedicata al post-rock e all'isolazionismo. Ex caporedattore musica e spettacoli di Caltanet.it (parte web di Messaggero, Mattino e Leggo), ex collaboratore di Leggo, il 4 ottobre 2002 ho presentato al cyberspazio RockShock.
Parola d'ordine: curiosità.
Musica preferita: dal vivo, ben suonata e ad altissimo volume (anche un buon lightshow non guasta)

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