Bruno Durazzi è stato il batterista dei Quartiere Latino, band di successo negli anni 90, e ha lavorato con diversi artisti, girando l’Europa con gli storici The Rockets. Oggi Bruno è il fondatore di Vinile 45 e Elephunk, due band tributo all’hip hop e alla black music che mescolano diversi generi offrendo un grande divertimento al pubblico che li segue dal vivo nelle diverse città. Bruno ha ripercorso la sua storia musicale e scopriamo un artista poliedrico e passionale: un vero fiume in piena carico di musica, racconti e fotografie.
Bruno, all’inizio degli anni 90 i Quartiere Latino raggiungono la notorietà con “Prima di Subito” aggiungendo al nostro panorama musicale un rock amalgamato a diversi stili musicali. Non ricordo molte band che suonavano rock e funky in italiano.
Eravamo come delle sostanze chimiche che, messe insieme, erano in grado di creare una bomba. Io allora adoravo quella contaminazione tra rap e rock, come Red Hot Chili Peppers, Linkin Park, Rage Against the Machine, e ho sempre difeso questo genere per la sua espressione artistica molto interessante, data la preponderanza dell’uso della parola con cui esprimere diversi concetti. In Italia questo genere all’epoca non lo faceva nessuno e c’era questa voglia di contaminazione esplosa negli anni 80, prendi per esempio i Police che univano il rock con il reggae, o i Dire Straits. Essendo tutti noi molto diversi musicalmente è venuto fuori il nostro sound unendo ai testi e alle melodie di Paolo Martella il rap, il funky, il rock suonato come noi sapevamo fare.
Avete pubblicato successivamente un terzo disco dal titolo “Quartiere Latino” dove per la prima volta ti sei cimentato nelle vesti di autore dei testi.
Quando Paolo ha preferito proseguire la sua carriera solista avevamo la scelta di sciogliere la band o di andare avanti, e abbiamo trovato in Piero Luccarelli il cantante adatto a noi. Piero proveniva dalla Big Band di Demo Morselli, è un fenomenale polistrumentista capace di suonare piano, chitarra, basso ed è stato insegnante di canto al CPM. E’ stato fantastico come sono venute su le musiche delle nostre nuove canzoni, ma per i testi io ero alle prime armi e ho cercato di fare il meglio che potevo collaborando anche con alcuni artisti, per esempio “Volo” è un pezzo che io ho scritto a quattro mani con Jovanotti, mentre Paolo Belli ha scritto il testo di “Viaggio con Me”. Quando ascolto gli arrangiamenti di quel disco mi rendo conto che musicalmente abbiamo fatto un ottimo lavoro anche perché c’erano state diverse collaborazioni che l’hanno permesso: la vocal coach di X-Factor, Paola Folli; Attilio Zanchi, il contrabbassista jazz più famoso in Italia; Demo Morselli e Candelo Cabeza… il tutto mixato da Marco Dal Lago, fonico tra l’altro di Jovanotti e dei Negrita. Quel disco vendette 10mila copie in un mese.
Tuttavia i Quartiere Latino si sono dovuti fermare soprattutto a causa di una grande perdita.
Una sera eravamo a Torino per fare un concerto al Lingotto al Salone della Musica, con i Cattivi Pensieri che dovevano salire sul palco prima di noi, e mentre eravamo in diretta per un’intervista a Radio Deejay ricevemmo la notizia che il nostro produttore, Candelo, con noi fin dal primo album, era stato trovato morto in albergo colpito da un aneurisma. Sai, io ero un commesso in un negozio di batterie che lui frequentava spesso, Candelo ha sempre creduto nel nostro progetto, e oltre ad essere il percussionista dei Litfiba ha prodotto i nostri dischi e ha suonato con Ligabue, Jovanotti, De Andrè e Frank Sinastra… era un amico. E’ stata una tragedia, io piangevo tutti i giorni perché lui si metteva con me in sala e mi spiegava la tecnica, mi preparava in cuffia le percussioni per farmi avere il tiro giusto. Un maestro, un amico, un fenomeno.
Questa triste vicenda è stata anche la fine dei Quartiere Latino e hai poi collaborato con diversi altri musicisti, prestando le tue capacità di batterista ma anche di autore di canzoni.
Questo mestiere mi ha dato l’opportunità di conoscere diversi musicisti con cui si sono strette delle grandi amicizie, anche giocando nella Dinamo Rock, la squadra di calcio formata da musicisti che si esibiva per raccogliere fondi destinati in beneficenza. Oltre alle diverse esperienze da turnista, ho lavorato al disco di Clara Moroni, la corista di Vasco, e ho scritto testi per Camilla ed altri artisti. Io ero un fan dei Rockets, il primo disco che ho comprato da bambino è stato “On The Road Again”, poi sono arrivati i Kiss, i Genesis… ero piccolo e ovviamente questi artisti pitturati mi facevano impazzire, avevo i manifesti dei Rockets attaccati alle pareti, sono cresciuto suonando sui loro dischi. Un giorno uno studio di Varese mi ha proposto di suonare la batteria per una band che doveva incidere un nuovo album: “Ti ricordi i The Rockets?”. Io non ci ho pensato due volte, mi sono portato dietro i vinili e quando li ho incontrati gli ho detto: “Allora, prima che mi metta a suonare mi firmate i vostri dischi!”. Dopo che ho lavorato alle tracce di batteria finite su Don’t Stop, il loro decimo album, mi hanno offerto di entrare nei The Rockets per andare in tour come membro della band. “Ma mi devo pitturare di grigio? Tanto pelato lo sono già, non c’è problema”. Ho fatto questa esperienza fantastica, abbiamo girato l’Europa, tieni conto che si spendevano 2000 euro solo per i fuochi d’artificio a fine concerto e per l’ologramma di un robot che usciva per cantare “On The Road Again” con il singer.
Ti sei occupato anche di progetti non direttamente legati alla musica, so che sei un appassionato di fotografia.
Da bambino avevo questa passione per l’immagine e a 16 anni mi ero comprato una Nikon F4. Andrea Bonomo, autore dei testi per Giuliano Palma, Ramazzotti, Nek, Alessandra Amoroso e Valerio Scanu, prima di andare a Sanremo 2008 per presentare la sua canzone, “Anna”, mi ha chiesto di fare uno shooting da proiettare durante la sua esibizione al Festival. E’ da quando sono bambino che io guardo Sanremo con mia madre e lei, che aveva visto queste foto in precedenza, si era meravigliata di ammirarle su quel palco. Te lo ricordi Superclassifica Show? Noi ogni domenica a pranzo guardavamo il programma con Maurizio Seymandi e il Telegattone e quando avevo 6 anni a mia madre dissi “Un giorno sarò anche io lì, e tu mi vedrai a casa mentre starai mangiando”. 16 anni dopo l’ho chiamata per dirgli che ci sarei andato con i Quartiere Latino. E lei si è messa piangere.
Ho scoperto anche che sei anche autore di un libro di narrativa, una storia di fantasia intrisa di emozioni che ti apre alla riflessione.
Combatto molto per le mie idee, per quello che penso, mi piace confrontarmi, riconoscere gli sbagli, sono molto aperto. A me piace esprimermi e nel percorso che ho fatto ho anche scritto “Schultz l’illusionista del Circo”, edito da Erickson. Sono affascinato dalla cultura della filosofia, ho sempre amato molto autori come Richard Bach e Antoine de Saint-Exupéry. Ho fatto una mia ricerca personale sulla filosofia del buddhismo scrivendo quaderni su quaderni come crescita del mio percorso umano. Questo mi ha cambiato molto facendomi diventare una persona migliore. Filosofia, non religione. Così volevo trasmettere questa mia esperienza e ho deciso di scrivere un libro ambientato in un circo negli anni 50, dove c’è un incontro tra un giovane circense e un vecchio illusionista che gli spiega come prendere la vita. Mi sono divertito molto a mettere dentro riflessioni, dialoghi, citazioni, disegni creati da Anna Stella Mongodi.
Da tanti anni stai portando avanti un tuo progetto personale dedicato alla black music, e non solo, con i Vinile 45, la tua nuova creatura, esclusivamente dal vivo.
Ho scelto di seguire la mia strada mettendo in piedi una tribute band che suonasse principalmente hip hop e black music, generi che adoro e che mi trasmettono una grande energia. Ero alla ricerca di artisti che avessero quel background, così una sera mentre ero al bancone di un bar di una discoteca di Milano, un ragazzo di colore e un suo amico prendono per sbaglio il cocktail che avevo ordinato e ci mettiamo a chiacchierare. Parlo di questo mio progetto e chiedo a loro due se conoscevano un cantante per un nuovo gruppo, così mi presentano Christopher Heart, un loro amico con cui sono riuscito a mettere in piedi la prima formazione dei Vinile 45. C’erano musicisti straordinari e nel corso delle nostre serate questi due ragazzi ci hanno seguito quando andavamo a suonare, così gli ho proposto di fare un rap per un’ospitata sul palco. Alla fine anche loro sono entrati nella band. Abbiamo avuto altri musicisti nel corso degli anni, abbiamo cambiato formazione, è venuto con noi anche Dante Pontone che ha fatto X-Factor, e oggi portiamo avanti black music, funky, hip hop, reggae…
Oltre ai Vinile 45 ti esibisci anche con un’altra band, gli Elephunk.
Qualche anno fa oltre a proseguire con i Vinile 45 ho voluto mettere insieme un’altra tribute band dedicata ai Black Eyed Peas, perché in tutta Europa questo famoso gruppo ha un gran seguito. Grazie alla popolarità dell’hip hop e della black music Karim e io abbiamo partecipato con questi progetti a grossi festival europei: ad agosto per esempio suoneremo al MotoGP in Austria davanti a 20.000 persone. Dobbiamo ringraziare anche il nostro manager Rudi Caniato, presidente dell’agenzia Live for Music, che ci organizza i concerti. Vedo felicità nella gente, ti segue, muove la testa al tuo ritmo, del resto è impossibile tenerla ferma quando suoni Bob Marley. Quando sei dietro ad una batteria e osservi la gente che si diverte, non puoi che essere felice dell’atmosfera di festa che tu hai contribuito a creare.
Puoi trovare tutte le date di Vinile 45 e Elephunk su:
www.facebook.com/elephunktribute
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