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Boy Harsher: recensione The Runner (Original Soundtrack)

La nuova sfida dei Boy Harsher si intitola The Runner, corto horror e colonna sonora.  Il duo di Savannah affila il rasoio e sferra un colpo micidiale. The Runner, disorienta e rapisce, tumula e dissotterra con una sincerità imbarazzante.

Boy Harsher

The Runner (Original Soundtrack)

Nude Club Records

darkwave, electrowave

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Boy Harsher - The Runner - recensioneLa nuova sfida dei Boy Harsher si intitola The Runner, corto horror e colonna sonora.  Il duo di Savannah affila il rasoio e sferra un colpo micidiale.

I Boy Harsher, divenuti ormai un vero e proprio punto di riferimento per la scena darkwave, sono sempre andati oltre il concetto di sterile progetto musicale, il loro percorso artistico, iniziato alla scuola di cinema dove Jae e Augustus si sono incontrati, non poteva rimanere circoscritto al pentagramma, doveva per forza di cose includere anche la realizzazione di un film.

A pensarci bene Careful del 2019 suonava già come ideale soundtrack di una pellicola  immaginaria ma questa volta la sfocata intuizione prende corpo in The Runner, cortometraggio horror accompagnato da una colonna sonora piena di tensione emotiva dove i testi inquietanti e corporei di Jae Matthews sposano in maniera perfetta la magistrale produzione di Augustus Muller.

The Runner è una fusione tra movie e documentario dove si analizzano la lussuria, la compulsione e le orribili tendenze della seduzione, nei circa quaranta minuti di riprese si intreccia infatti la storia della band con quella di una donna misteriosa, interpretata dalla musa oscura Kristina Esfandiari (King Woman) con le sue violente compulsioni che emergono dopo il massacro avvenuto nella camera di un motel.

Basta guardare il trailer del corto per capire che le cose non si metteranno bene, la donna si sofferma davanti ad un locale dove campeggia la scritta Lost, un presagio, poi la fuga in macchina su una strada deserta avvolta dalla nebbia (suggestioni visive molto vicine alle produzioni lynchiane) che prosegue a piedi tra la vegetazione rigogliosa ed opprimente di un bosco mentre i suoi incubi si materializzano attraverso una serie immagini torve; balli lascivi, abiti intrisi di sangue, loschi figuri, scatti rubati e poche parole mormorate al telefono: dove sei? Non devi farlo. Io ti posso aiutare, sono appena tornato…

Il commento sonoro è altrettanto sinistro e dannatamente sexy, merito della straordinaria personalità di Jae che farebbe ribollire il sangue anche ad un morto, ma qui dentro c’è molto di più, c’è infatti il messaggio chiaro di una persona alla quale è appena stata diagnosticata una seria patologia, in alcune tracce si percepisce chiara la gravosità di un fardello stracolmo di ansia, paura e frustrazione, troppo pesante da sopportare.

L’opener Tower fonde mirabilmente questo letale mix di terrore e sconforto, il tappeto synthwave si sgretola al cospetto della furia atonale di Jae, non dire il mio nome avverte come se stesse parlando con il demonio, posso crederti? sussurra prima di esplodere in un urlo gutturale che toglie il respiro, dal minuto 2.33 il climax ascendente si trasforma in un denso magma di pathos e oscurità.

Jae dichiara: Abbiamo scritto Tower diversi anni fa e sebbene il brano si sia evoluto nel corso del tempo, il suo intento iniziale rimane lo stesso: quella sensazione di essere avvolti, soffocati, intrappolati in una relazione che a sua volta si manifesta in una reazione violenta e sconsiderata. Ciò che ami di più può trasformarti in un mostro. Di questo parla la canzone, dell’essere un demonio paralizzato.

 

Identica tensione nella torbida, sofferente, The Ride Home, traccia quasi del tutto strumentale sublimata da poche frasi rotte da sospiri affannosi, basta chiudere gli occhi per trovarsi all’interno di un thriller psicologico, sembra quasi di sentire i passi di qualcuno che arriva e si chiude la porta alle spalle, il resto è sangue, solo sangue spruzzato sulle pareti.

Altrove si respira invece l’incanto, è il caso della strumentale Untitled con un piano capace di accrescere, se possibile, i turbamenti già provati, la notturna ed intima I Understand e la splendida Escape, senza dubbio una delle mie tracce preferite, dove il sound morbido e tondo fa da tappeto alle raffinate linee vocali.

In pieno stile Boy Harsher arrivano poi la centratissima Give Me a Reason, brano pop che cerca disperatamente di non esserlo, immerso in un loop di rosea tristezza e Autonomy feat. Cooper B. Handy (alias Lucy), un martello pneumatico col freno a mano tirato.

Non incontra invece il mio gusto Machina ft. Mariana Saldaña, brano in pieno stile pop 80’s con palesi rimandi alla italo-disco, plausibile solo nella concezione complessiva del full-lenght.

La corsa a perdifiato tra le foreste aggrovigliate del nostro sentire si ferma qua, almeno per ora, scopriremo solo a posteriori se The Runner rimarrà un esperimento fine a se stesso o sarà invece il primo passo di una evoluzione artistica sempre più multimediale e cinematografica.

Una cosa è certa, The Runner, disorienta e rapisce, tumula e dissotterra con una sincerità imbarazzante ed una ampiezza sonora che supera ogni altra produzione fin qui concepita dai Boy Harsher.

https://boyharsher.com/

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Elisabetta Laurini
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