Califone: All My Friends Are Funeral Singers

Un nuovo album per i Califone. All My Friends Are Funeral Singers è ricco, allo stesso tempo, di conferme e sorprese

Califone

All My Friends Are Funeral Singers

(Cd, Dead Oceans)

elettronica, folk, rock, country, post-rock

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all-my-friends-are-funeral-singersColonna sonora per un film scritto e diretto dallo stesso Tim Rutili, All my friends are funeral singers non si discosta di molto dalla linea tracciata dai precedenti lavori degli americani Califone.

Da sempre sospesa tra scenari musicali acustici ed elettronici (con, in questo capitolo, il lato più folk/rock a farla da padrone), la band di Chicago porta questa volta con sé un gruppo di canzoni che ammalia lentamente, e che dà risalto a dei Califone placidamente melodici.

Come accade in particolar modo nelle code di alcuni degli episodi migliori di All my friends…, dove si viene pazientemente mesmerizzati da chitarre imbevute di riverbero e da voci raddoppiate: si dischiudono scenari musicali rigogliosi. Scenari a cui accostarsi senza fretta, beninteso: che per questi Califone non basta un ascolto distratto dal laptop di casa. E scenari che consentono di accantonare senza alcun fastidio i pezzi che appaiono meno centrati: le varie Bunuel, Ape-like, Salt, ed Alice Marble Grey non arrecano particolare danno con la loro presenza che sa un po’ di riempitivo, ma che, alla fine, poco toglie al piacere dell’ascolto.

Questo soprattutto perché, per una Ape-like dall’andamento country -rock che annoia forse un po’ presto, c’è sempre una Krill con il suo lento avanzare e con il suo sovrapporsi di melodie e di chitarre magnificamente cariche di riverbero (come dei Sigur Ros caldi). Oppure una Funeral singers dove, e lo si intende fin dal primo giro di accordi, si trovano i Califone più vicini al canone rock: la struttura è immediatamente intelligibile, sia melodicamente che armonicamente, ma ciononostante (o forse anche in ragione di ciò) il tutto risulta -ascolto dopo ascolto- affascinante; come un mantra di cui dapprima ci si stupisce della semplicità, ma che infine penetra sottopelle.

Stesso discorso per Polish Girls: di primo acchito, con il suo intreccio di chitarre acustiche e beat elettronici appare seguire pedissequamente lo schema di tanti Califone passati, ma alla fine, grazie a quelle chitarre che si allungano sonicamente sulla coda a creare un muro sonoro di feedback (come dei My Bloody Valentine senza ipertroficità ed immersi in una luce benigna), la canzone sembra aprirsi e chiedere di più: più attenzione e più tempo per sé. Finirà invece in tre minuti scarsi, lasciando un piacevole sapore agrodolce in bocca…

Curiosamente costruito su una tracklist che pone nel mezzo i suoi capitoli più roots, e forse anche più deboli, All my friends… vive in mezzo a certezze e piccole sorprese. Come nel brano posto a sua conclusione, Better Angels, che si può prendere a paradigma dell’album tutto: con il suo attacco così distintamente Califone, con quelle soluzioni sonore così esplicitamente Califone…eppure, all’interno di questo “regime” di scrittura, i Califone riescono non solo a muoversi evitando il giudizio del già sentito, ma non fanno mai mancare un elemento (almeno per ognuna delle canzoni migliori) che lasci intravedere di più: un sapore inaspettato, una soluzione nuova, una nuova prospettiva.

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