The New Death Cult: recensione di Super Natural 

I The New Death Cult fanno le cose semplici e per bene. Le loro chitarre viaggiano che è un piacere e le canzoni hanno delle melodie interessanti. E come se non bastasse, Supernatural è pieno di potenziali singoli.

The New Death Cult

Super Natural

(Indie Recording)

alternative rock

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I The New Death Cult arrivano dalla Norvegia e NON suonano black metal (incredibile!) e soprattutto noioso e stucchevole post-rock (alleluia). Sono in quattro ed amano le cose semplici. In pratica, adorano il rock, quello in cui si trovano le grandi melodie e i cori che ti si stampano in testa da subito, anche se ai tempi d’oggi un’ammissione di questo tipo potrebbe essere vista come una specie di peccato mortale.

Ma come? Esistono ancora delle band che suonano questa roba “passata”, si vestono senza truccarsi e non sono ospitate ai Grammy? Sì, fortunatamente, sì. Questa è la risposta che uno dovrebbe urlare alla gente e alla critica snob che ha paura a dire la verità e che spaccia per dei giganti personaggi che sono dei nani.

I The New Death Cult fanno le cose semplici e per bene.

Le loro chitarre viaggiano che è un piacere e le canzoni hanno delle melodie interessanti. Sostanzialmente è come se per strada si incontrassero i Royal Blood e i Feeder e si fondessero in una sola unità.

Alla fine ne viene fuori un disco come Super Natural che ha tanti potenziali singoli da classifica che farebbero sfracelli soprattutto in Gran Bretagna.

Brani come The Slide, Alive, l’opener Different One Blood e Machines prendono che è una meraviglia, perché sono ariosi, pregni di grande rock e si rivelano illuminati da un punto di vista armonico.

Ci sono tanti spunti interessanti in Super Natural, grazie anche ad una produzione moderna ed a un approccio compositivo degno di chi vuole provare a conquistare il mondo con una ricetta vecchia, ma vincente, ovvero quella di scrivere canzoni che possano restare.

Rispetto al loro omonimo, il salto di qualità è assolutamente forte e palpabile. Non ci sono storie. Per capire a che punto sia arrivato il livello di maturità del gruppo si può tranquillamente premere il tasto play sulla conclusiva The World che è una catartica introspezione verso un ignoto tutto da scoprire. Finalmente aria pulita da respirare.

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Francesco Brunale
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