The Friarbirds King
Album
rock
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Ci sono artisti che sono rimasti ancorati fermi, ancorati e solidi al rock granitico degli anni settanta, come una specie di zavorra dalla quale non vogliono mai distaccarsi. Deep Purple, Uriah Heep, Whitesnake (prima dell’innamoramento del rock USA degli anni ottanta), Thin Lizzy e via dicendo sono tra le influenze che caratterizzano questo bel progetto a nome The Friarbirds King, capitanato da due musicisti nostrani che rispondono al nome di Luca Re e Fabrizio Fratucelli.
Questa coppia, dopo tante esperienze maturate nel corso della propria vita musicale, ha deciso di omaggiare quegli anni con un disco senza fronzoli, suonato in modo magistrale e caldo per quanto riguarda, soprattutto, le atmosfere.
Per capire questo album ci vogliono, comunque, molti ascolti, perché non vi è traccia di melodie facili ed immediate.
Tanto per capirci, mancano episodi tipicamente radio oriented, ma questo non è un peccato mortale. Anzi, sta proprio qui il bello, perché ci si rende conto come la bravura dei singoli musicisti ti porti ad approcciarti per ore a questo lavoro che ha tante sfaccettature che vanno capite con il passare del tempo.
In realtà qui dentro è come fare un salto cinquantennale in quel passato che non ritorna più, ma che si vuole rievocare per capire come siamo stati felici tanti anni fa, quando gente come Gary Moore, Tommy Bolin o Bernie Mardsen faceva risuonare la propria chitarra in maniera genuina e spontanea. Siamo, chiaramente, fuori tempo massimo e questo è chiaro a chiunque, ma ciò non deve svilire una proposta che si sente fortemente come sia stata fatta con il cuore e con la voglia di rendere omaggio ad una musica meravigliosa che la storia ha cristallizzato come unica e incancellabile.
Tirando le somme i The Friarbirds King piaceranno sicuramente ai nostalgici, ma questa non può essere letta come una colpa.
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