Subsonica
Torino, Palaisozaki, 26 aprile 2012
live report
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La prima volta che ho visto i Subsonica dal vivo era il 1998, quando allo stadio di Biella aprirono il concerto dei Simple Minds. Radioestensioni cominciava a girare per le radio e loro pian piano ad acquisire notorietà. Erano solo più giovani e forse ingenui di adesso, ma il potenziale era già sotto gli occhi di tutti. Dall’uscita del loro primo album omonimo sono passati ormai 15 anni, abbastanza per guidare il motorino e per trarre due somme. E lo fanno con una manciata di date autocelebrative, un pretesto per tirare fuori la vecchia strumentazione e riproporre canzoni ormai fuori scaletta, oltre che per farsi fare gli auguri dal popolo subsonico, che li segue con affetto e calore e non perde occasione per dimostrarlo.
Torino, 26 aprile, Palaisozaki – ormai luogo d’elezione dei concerti indoor della capitale piemontese, ma dall’acustica pessima – ovviamente sold out. Ore 21.30: “Una volta cominciavamo i concerti così, a luci accese”. Samuel, cappellino e abbigliamento vintage, sale sul palco con i colleghi di sempre e attacca Come se. Un vero e proprio tuffo nel passato: gli strumenti originali, i due microfoni tenuti insieme con il nastro verde fluo, tutto come agli inizi. Solo i lineamenti del viso e la “lunghezza” dei capelli lasciano trasparire il passare del tempo.
La prima parte del live è interamente dedicata a Subsonica, album d’esordio datato 1997: chicche che non si sentivano da tempo, come Cose che non ho inframezzata da Daitan III (reminescenza del periodo di militanza di Samuel e Boosta negli Amici di Roland), Radioestensioni e Giungla Nord (con la partecipazione al basso di Pierfunk, all’epoca bassista ufficiale) e Per un’ora d’amore, la cover di Antonella Ruggero che li ha portati alla ribalta. Il telone sul quale è impresso il logo della band nonché copertina di quell’opera prima, raggiunge il proscenio lasciando in luce solo Max, Boosta e Samuel per un paio di versioni acustiche, nella fattispecie Funkstar e una decisamente meno convincente Tutti i miei sbagli, con un finale tronco a chiudere le celebrazioni del genetliaco.
Cambio palco accompagnato dai messaggi lasciati dagli utenti del sito www.subsonica.it, ancora una volta chiamati a dare il loro contributo alla causa. Al grido di “E ricordatevi che stasera dovete spaccare tutto” partono le prima note di Ratto. Il tempo di una strofa e il telone cade come a rappresentare il passato lasciato alle spalle che fa spazio a un lato più contemporaneo ed elettronico. La scaletta prevede classici come Aurora sogna, Depre e Colpo di pistola, talvolta combinati in medley, tra i quali spicca Tu menti, cover dei CCCP, probabilmente sconosciuta ai giovanissimi che affollano il parterre, ma un indubbio pezzo della storia della musica italiana. Quella con la M maiuscola.
Istrice, metafora di Torino e dei torinesi, chiude la seconda parte del concerto e fa da trait d’union con quella successiva, aperta da Il cielo su Torino. La Glaciazione (di cui consiglio vivamente il rifacimento ad opera dei Fratelli Sberlicchio, intitolato La Manutenzione) dà il via a un altro medley, più vivo e trascinante del precedente, nel quale si susseguono Discolabirinto, Nuvole rapide e Nuova ossessione. Up patriots to arms ‘vende Battiato alla commerciabbilità’ e con Tutti i miei sbagli (questa volta in versione originale) e Preso blu arriviamo al momento degli encore.
Il Presidente approfitta delle pause per ricordare e presentare nuove iniziative legate al gruppo. X 15, libro in vendita presso le librerie e in prossima uscita con La Stampa, è una raccolta di 15 racconti scritti da altrettanti autori torinesi (Luciana Littizzetto, Marco Travaglio e Alessandro Baricco tra gli altri) e ispirati ai testi dei Subsonica. Che in questi anni sono cambiati e maturati, ma non hanno mai perso di vista le cose importanti. Come fare cultura con i nuovi mezzi che la globalizzazione ci mette a disposizione.
Benzina Ogoshi, con la partecipazione del tastierista mascherato e Nicotina Groove ci traghettano fino all’accensione delle luci in sala. Il momento ufficiale dei saluti e della ripresa dal palco ad opera di Ninja mettono la parola fine a questa celebrazione amarcord dal sapore agrodolce. Un concerto sentito e coinvolgente come sempre, ma leggermente sottotono rispetto agli standard a cui negli anni ci hanno abituato. L’occasione per fare il bilancio di una carriera e forse per gettare le basi del futuro; per noi sotto il palco, sicuramente l’opportunità di ripercorrere una parte della nostra vita scandita dalle loro storie e dalla loro musica, che ci fanno sentire sempre parte di una grande famiglia. Dove ogni tanto si ricevono ordini e rimbrotti, per citare la sarcastica espressione del nostro singer: “E adesso andate tutti a casa senza rompere il cazzo”.
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