Torakiki: Avesom

Improvvisare con l'elettronica? Oggi si può. I Torakiki con Avesom ce ne danno una prova. In bilico tra sci-fi, atmosfere kraut e melodie mediterranee

Torakiki

Avesom

(Symbiotic Cube)

electro, wave

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Torakiki- AvesomSono lontani i tempi in cui chi faceva musica con l’ausilio di laptop, elettronica ed altre diavolerie del genere era visto come un marziano. Sono altrettanto lontani i tempi in cui, ad improntare un set live su strumenti elettronici come quelli appena citati, si rischiava di venir tacciati di essere gente che si limita a “premere il tasto return“.

I gadget da sincronizzare, le interfacce midi, i software dedicati, i sequencer sono diventati così intuitivi da permettere a tutti di usarli con naturalezza, istintività ed estro, proprio come si fa con uno strumento classico. La relativa economicità della spesa da sostenere per poter fruire della tecnologia necessaria permette l’accesso ai suoni sintetici praticamente a chiunque ed è proprio quando una cosa diventa alla portata di tutti che distinguersi diventa impresa ardua.

I Torakiki sono una delle poche band electro a dichiarare che il grosso della composizione di questo loro esordio, Avesom (ironica traslitterazione dall’inglese per meraviglioso) è venuto fuori da improvvisazioni in studio. Sarebbe errato, chiariamoci, pensare che siano i soli a farlo o che lo abbiano mai fatto in passato, è ovvio, tuttavia questa precisazione è fondamentale per capire il lavoro del trio bolognese. L’attitudine impro e le apparenti scollature all’interno della trama sonora imbastita dal gruppo, rivelano un grado di spontaneità che fino a pochi anni fa era impensabile, impossibile o quantomeno inarrivabile per i più.

Sette brani notturni, morbidi, costruiti su strutture reiterate in sequenze brevi e dirette. Influenze europee, suoni internazionali; atmosfere algide tipicamente mitteleuropee che in alcuni episodi (quasi tutti quelli cantati) vengono stemperate da chiare impronte mediterranee, di chiara scuola autorale italica. La commistione è interessante, va detto, seppur ancora non del tutto a fuoco.

Paesaggi cinematografici, come score di film sci-fi degli anni ’70 provenienti dall’estremo est, danno una visione del trio che non appare solo legata all’immaginario manga evocato dal loro moniker, ma si innesta in una visione a più ampio spettro, della ricerca sonora e comunicativa di un progetto indubbiamente valido ma ancora alla ricerca di una personalità che può essere, in previsione della continua crescita, ancora più forte di così.

 

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Antonio Serra
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