Srodek: Förfall

In Förfall l'atmosfera dominante è spettrale e dotata di un fascino oscuro. Nelle nuove sette tracce di Srodek, dalla fredda Svezia, si dipana un percorso di malinconia e rovina

Srodek

Förfall

(Cd, ATMF/Masterpiece Distribution)

black metal

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srodek-forfallMelodie spettrali, calde, che fluttuano su uno spesso tappeto di rumori, di distorsioni, una voce che grida e si lamenta, quasi un animale ferito, degli elementi folk: il tutto crea una atmosfera che affascina e incuriosisce e accompagna nelle sette tracce di Förfall, che in svedese significa disfacimento, rovina. Un processo lento, laborioso, che in qualche modo si riflette nei pezzi ipnotici, animati da una malinconia profonda e avvolgente.

Gli Srodek arrivano dalla lontana Falun, nel Dalarna, cuore della Svezia, antica cittadina famosa per il rame. Ed è l’opera seconda di Srodek, alias Jon Bäcklund, già collaboratore, in qualità di chitarrista, della band Svarti Loghin.

Si parte con Echoes From The Past a proiettare, con un canto femminile etereo, in un mondo ancestrale, quasi in lotta, però, contro un implacabile muro di distorsioni. E questo mondo fatato vira decisamente verso il nero con i pezzi successivi: Bleak scava il suo solco di rabbia venata di un dolore mesto, e si specchia nel corposo e disperato Förfall.

Rotboskogens Djup è un bel pezzo che inizia con una specie di presa diretta di un evento pubblico che potrebbe essere una fiera cittadina, e poi diventa un fiume in piena, conferendo una dimensione corale a quella che nelle tracce precedenti era una prospettiva interiore, raccolta;  mentre Vågtjärns Svarta Vatten, la traccia più veloce dell’album, sembra proprio immergere in acque nere e profonde e ferisce con le urla agghiaccianti; si è indecisi, a un certo punto, se siano di dolore o gioia.

Infine Ödestad,una lentezza calcolata che cattura nelle sue spire, sfogando una tristezza viscerale che qui è come ovattata, come la si ascoltasse nel dormiveglia e, a chiudere gli scarsi quaranta minuti di Förfall, un insolito Outro per violino, le corde come arrugginite che si mantengono in equilibrio tra l’infernale e l’ancestrale.


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