Majakovich: Il primo disco era meglio

Un nuovo album per l'alternative band ternana Majakovich questa volta punta alla musica e alla scena italiana: Il nuovo disco era meglio sfodera energia strumentale e vocale

Majakovich

Il primo disco era meglio

(Metrodora Records,V4V, To Lose La Track)

alternative rock, post-grunge

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Majakovich - IL PRIMO DISCO ERA MEGLIO - coverIl primo disco era meglio, questo il titolo del nuovo album dei Majakovich, la band ternana che in occasione di questa produzione si è affidata alla straordinaria esperienza di Tommaso Colliva, che vuole essere un chiaro riferimento al passato che inevitabilmente incombe ancora su di loro. Infatti con il disco d’esordio Man Is a Political Animal by Nature hanno accompagnato gli Afterhours in un tour lungo la Route 66.

A distanza di anni, concepito durante una lunga gestazione, Il primo disco era meglio ha tanto in comune non soltanto con la band milanese, alla quale in primis può essere ricondotta la scelta di dare vita ad undici tracce totalmente in italiano, ma anche con l’indie rock e il post-grunge nazionale ed internazionale, contemporaneo e non.

Tuttavia al di là dei pregiudizi che possono nascere da un primo impatto con il titolo, il lavoro che c’è dietro a questo loro secondo album in studio è tutt’altro che da scartare. Impone innanzitutto i Majakovich in un contesto musicale forse fin troppo affollato (le influenze di altri gruppi italiani quali i Ministri o i Verdena si percepiscono chiaramente), ma che piace, e con la loro vena underground sapranno senz’altro farsi strada.

Devo fare presto snoda il sound che primeggerà per il resto del disco, con un testo che allude al duro e lungo lavoro che c’è stato dietro la produzione di Il primo disco era meglio. L’energia strumentale e vocale comincia a crescere in La verità (è che non la vuoi) con temi moraleggianti che verrano ripresi in altri punti, per poi esplodere in Francesco non migliora, da cui, all’apice della distorsione, si passa ai toni più distesi di Colei che ti ingoia e di Ufo, dove si scende sensibilmente di tono. Puntando di nuovo in alto si arriva a L’hype del cassaintegrato, che con un ritornello difficile da scordare, come l’Inferno che viene citato, è una delle tracce che da sola potrebbe racchiudere l’enfasi del disco. Si continua sempre su questi toni con Ho già deciso, Cristo e Una vita al mese per chiudere con l’enigmatica lentezza un po’ troppo ridondante di Prodezze. 

Il terzetto composto da Francesco Pinzaglia (basso e voce), Giovanni Natalini (batteria) e Francesco Sciamannini (voce, chitarra e piano), pur vantando un degno passato, può però tranquillamente dire che con questo Il primo disco era meglio si è aperto un nuovo capitolo della loro carriera che nonostante la loro (falsa?) modestia, si colloca ad un gradino superiore rispetto al precedente.

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