Crippled Black Phoenix: I, Vigilante

Un supergruppo che conta membri tra Mogwai, Electric Wizard e Portishead non può che sfornare un superdisco. Sono i Crippled Black Phoenix e il loro capolavoro si chiama I, Vigilante

Crippled Black Phoenix

I, Vigilante

(Cd, Domino Records)

post-rock

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Crippled Black PhoenixQuando il disco che si deve recensire è uno di quelli che dovrebbero far gridare al capolavoro il recensore si appresta all’ascolto con animo inquieto. Perché se da una parte è vero che un supergruppo come i Crippled Black Phoenix garantisce un’indubbia qualità dei brani e degli arrangiamenti, dall’altra parte è altrettanto vero che un certo scetticismo pervade sempre l’ascoltatore, dato che molti dei supergruppi già ascoltati nella storia recente sono risultati spesso fini a se stessi, propensi a specchiarsi e a pavoneggiarsi della loro “sublime beltà tecnica”, quando poi altro non diventavano che delle figurine, delle etichette prive di contenuto.

Certo che il bassista dei Mogwai (Dominic Aitchison), l’ex batterista degli Electric Wizard (Justin Greaves), e l’arrangiatore/produttore dei Portishead (Geoff Barrow) sono persone che se ne intendono eccome di musica, persone sulle quali si può fare sicuro affidamento. E poi bisogna anche considerare il fatto che prima di quest’ultima fatica i CBP avevano già prodotto tre album di altissimo livello (tra il 2006 ed il 2009), e che va bene essere un po’ scettici ma di motivazioni che anticipassero la bontà di quest’album questi signori qua ne hanno addotte fin troppe.

Infatti I, Vigilante è l’ennesima riconferma che questo supergruppo le cose le fa seriamente, l’ennesimo successo che gli inglesi incasellano e l’ennesima prova che ci fa finalmente pensare “fiuuu, ma allora il post-rock non è ancora morto”. Perché questo genere, che ha stagnato negli ultimi anni in banali clichè, viene egregiamente reinterpretato dai CPB, mantenendo le strutture dilatate ed “ariose” tipiche del genere, ma ficcandoci dentro molto blues e molto folk, a volte spingendo talmente forte da avvicinarsi a sonorità molto più heavy di quanto spesso il genere consenta (alcuni hanno definito il loro genere post-blues, il che ha suscitato risate risate e risate a profusione del recensore). E non è tutto.

Lasciatevi colpire dal tremendo impatto di Troublemaker, dalla maestosità di We Forgotten Who Whe Are (che qualcosa deve sicuramente ai Neurosis di A Sun That Never Sets e di The Eye Of Every Storm), dalle atmosfere trasognanti di Fantastic Justice, dalla devastante ma mai esasperata malinconia di Bastogne Blues, brano a dir poco orgasmico e dal non troppo vago sapore A Silver Mount Zion, con quegli archi che sinuosamente si levano dallo stereo e che finiscono dritti nelle pance degli ascoltatori. Vi siete lasciati andare? Bene, ora arriviamo ai capitoli più ambigui e contraddittori dell’album.

Infatti dopo circa 40 minuti di spettacolari orchestrazioni, di musica intesa nella più sublime delle sue accezioni, arriva la spaesante Of a Lifetime, cover dei Journey. I CBP non vogliono nascondere agli ascoltatore che si tratta di una cover, così mettono una bella voce femminile cercando poi di dare un tocco molto Adult Oriented Rock ai suoni, e la cosa riesce assai bene. Sembra di ascoltare un disco degli Whitesnake senza Steve Vai, sembra ci si trovi da un’altra parte del pianeta, “io non ho mai messo un disco AOR su questo pc, non gli ho mai dato il via, com’è possibile?”. Incredibili, non solo piacciono, convincono, ma riescono anche a non piacere e a non convincere. Era da tempo che non ascoltavo un disco simile.

Infine la bonus track Burning Bridges ci da la mazzata finale. È un’accetta scagliata da venti metri che si incaglia perfettamente all’altezza dello sterno, un aereo che prende il volo e che poi diventa un sottomarino, “un uomo che in realtà è una donna, che in realtà è un cavallo, che in realtà è una scopa”. Un brano che sa tanto di canzone della domenica, cantata tra mille sorrisi nella piazza di un borghetto medievale, mentre un tiepido sole scalda le umide pietre delle case.

Probabilmente questi birbantelli ci hanno preso in giro per tutto il Cd. Geniali, cazzo.

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Stefano Ribeca
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