Black Trip: Goin’ Under

Goin’ Under dei Black Trip non segna una nuova strada per l’heavy metal, né tantomeno si limita a percorrere sentieri già noti. Cosa ci possiamo fare se i gloriosi anni ’70 scaldano ancora il cuore di tanti di noi?

Black Trip

Goin’ Under

(Threeman/Playground)

heavy metal

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Black Trip- Goin’ UnderLa copertina è la prima cosa che mi ha colpito di Goin’ Under, lavoro appena uscito dei Black Trip.

Mi avrebbe certo fatto fermare se l’avessi trovata sullo scaffale di un negozio di dischi: font d’ispirazione liberty per la scritta, foto volutamente confusa, che fa pensare subito agli anni ‘70 e a gruppi quali Black Sabbath e Judas Priest. L’unica differenza è che in quel caso i difetti e le sovrapposizioni non erano accessori voluti.

Comunque sia, l’immagine conferma quello che poi andremo ad ascoltare: del buon metal old school, o meglio influenzato dalla nuova ondata del metal britannico, che arrivò appunto alla fine degli anni ‘70.

Non potrete non pensare agli Iron Maiden: c’è tanta, tanta chitarra ispirata a questo gruppo, molti passaggi (prendiamo ad esempio Radar, o la seconda parte della bellissima Thirst), per una vera celebrazione del loro stile.

Ma prima che fuggiate, fatemi dire che i Black Trip non si limitano a scimmiottare i loro beniamini.

Guardando nel background del gruppo svedese, troviamo band rilevanti rispetto alla scena metal del nord Europa, come Entombed ed Enforcer.

Ognuno con un suo pedigree, dunque, ma ritrovatosi in questo progetto per rendere omaggio a un periodo d’oro per la musica heavy metal.

Oltre al fatto che gli 8 brani sono davvero ben fatti, quello che catalizza l’attenzione  è la voce di Joseph Tholl.

Pur nascendo chitarrista,  Throll confessò a quelli che poi divennero i suoi compagni di volersi cimentare nel ruolo del cantante. E grazie a Dio, mi permetto di dire, visto che la sua voce venata di blues ha dato la cifra all’intero progetto. C’è qualcosa di triste ed inesorabile in essa, caratteristica che viene fuori in brani quali la già citata Thirst,  tanto da regalarci la sensazione che realmente we’re Goin’ Under.

Poche canzoni, eseguite con uno stile familiare e allo stesso tempo personale, per un disco estremamente piacevole.

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