Ovlov: Margareth, Frank and the Bear

Stanchi di sentire band indie con alla voce sempre e solo uomini? Pensate che delle scarne melodie indie acquisterebbero maggior originalità con una cantante donna? Gli Ovlov provano ad accontentarvi. Ed ecco il risultato

Ovlov

Margareth, Frank and the Bear

(Cd, Casa Molloy)

indie pop, indie rock

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ovlovChi sono gli Ovlov? Nient’altro che le ceneri dei Black Eyed Susan, band attiva dal 2001 al 2008, con alle spalle anche l’incisione di un album ed un conseguente tour, riunitisi in un nuovo trio formato dalla vocalist e chitarrista Luisa Pangrazio, dal bassista Luigi Ancellotti, e completato dal nuovo batterista Michele Marelli.

Gruppo bresciano, gli Ovlov si presentano come una formazione più spensierata e diretta della precedente, più dedicata alla ricerca di un pop leggermente sognatore e vago, cullato dalla voce trasportante della Lù, e irrobustito da una ritmica sempre presente e convinta.

L’album di debutto Margareth, Frank and the Bear effettivamente conferma l’attitudine musicale perseguita dalla band, senza però esaltarla. Difatti, si tratta di un album semplice, ma non efficace, espressivo ma non coinvolgente, emotivamente valido solo a tratti, musicalmente poco vario. E soprattutto, nel complesso, denuncia un difetto non da poco, tipico del genere, d’altronde: la piattezza.

Nessun momento intenso più di altri, nessun momento di vera e propria pausa dal ritmo regolare che contraddistingue l’intero disco. Solamente una linea compositiva che prosegue da brano a brano, senza troppe differenze tra l’uno e l’altro. Regala qualche spunto notabile giusto il finale, sia in positivo che in negativo.

È infatti la traccia numero otto, Frank, a Mistake, la meglio riuscita dell’intero Margareth, Frank and the Bear, dove il lavoro della chitarrista e cantante, seppur vocalmente meno apprezzabile che in altre parti del cd, strumentalmente risulta più elaborato. Mentre la nona ed ultima traccia We Like Dancing, altra canzone potenzialmente valida per la parte strumentale, risulta assolutamente penalizzata da un sezione vocale banale ed ammorbante. Un testo fatto di due frasi riproposte fino alla nausea, una ripetitività debilitante e spossante, decisamente un neo non trascurabile, che rende questa “final track” il punto più debole dell’album.

Possibile dunque che un album complessivamente piatto e monotono risulti sufficientemente valido? Beh sì, grazie comunque ad una durata più che azzeccata, che rende il tutto scorrevole, e soprattutto al fatto che le canzoni, pur nella loro piattezza, risultano tutte orecchiabili. Inserite in un contesto più valido e vario, non avrebbero probabilmente sfigurato. Inoltre, bisogna ammettere che per otto brani su nove di Margareth, Frank and the Bear, la cantante Lù è da applaudire, in quanto la sua capacità interpretativa riesce ad attrarre l’ascoltatore, e questo è un pregio non molto diffuso.

La maturità gli Ovlov avranno il tempo di cercarla, e ne sono ancora ben distanti, ma tutto sommato la loro prima prova finisce per essere accettabile. E come a scuola, iniziare l’anno con un sei non è compromettente. A meno che non siano secchioni sotto mentite spoglie…

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Mauro Abbate
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