Napalm Death: Time Waits For No Slave

Ancora in pista i padroni indiscussi del grindcore. Time Waits For No Slave non fa che confermare l'andazzo preso dai britannici, sempre meno alle prese con il genere originario e sempre più vicino a sonorità più canoniche.

Napalm Death

Time Waits For No Slave

(Cd, Century Media, 2009)

grindcore, death

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napalmdeathInutile stare qui a citare o ricordare la carriera dei Napalm Death, vera e propria istituzione della scena grindcore attiva da ormai quasi 30 anni.
Fatto sta che Time Waits For No Slave rappresenta ormai il quattordicesimo full partorito dalla band britannica.

Per quanto legati ancora agli inizi, i Napalm Death hanno cambiato in maniera radicale il loro modo di approcciarsi alla musica. Dunque, continuate a scordare i cari tempi passati, a scordare i 22 brani racchiusi in soli 29 minuti di From Enslavement to Obliteration, continuate a scordare lo sfrontato impatto e la furia compositiva di quei tempi.

La band infatti ha virato in tempi non sospetti verso un suono più “tradizionalista”, sempre collegato a quel concetto estremistico di hardcore che sta alla base del progetto, ma al tempo stesso ponendo una maggior attenzione agli arrangiamenti, ai riffs, alla forma canzone insomma…

Per quanto ciò sia osteggiato dai vecchi fans, ciò ha permesso ai Napalm di rimanere a galla e non impedito comunque di sfornare album discreti.

Non esente da tale impostazione il lavoro in questione, dotato di brani dalla discreta lunghezza media (circa 3 minuti) e che riescono anche a catturare l’attenzione. La struttura è quindi abbastanza precisa e le song presentano un’appeal fortemente thrash-death tanto da permettere ad alcuni brani di fare il salto di qualità malgrado la non certo eccelsa originalità.

Ed è proprio per questo che Time Waits For No Slave non può che reputarsi un album discreto, molti brani di alto livello (il duo iniziale StrongarmDiktat o ancora la title-track e Procrastination of the Empty Vessel, ma c’è qualcosa che non sia stato già sentito.

Quasi un buco nell’acqua insomma per il sottoscritto, ma un acquisto consigliatissimo per chi ha saputo apprezzare il nuovo corso degli inglesi.

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Luca Di Simone
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