Joycut: PiecesOfUsWereLeftOnTheGround

I Joycut dimostrano di avere un concetto di elettronica che si estranea completamente da quello comunemente conosciuto: PiecesOfUsWereLeftOnTheGround è un salto consapevole nell'abisso

Joycut

PiecesOfUsWereLeftOnTheGround

(Irma Records)

new wave, electro

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Joycut- PiecesOfUsWereLeftOnTheGroundNati nel 2001, i Joycut ci presentano a testa alta il loro quinto progetto PiecesOfUsWereLeftOnTheGround. Basterebbe definirlo un meraviglioso intreccio di new age electro ambient post-rock… ma non penso che questo genere di etichette possa interessare a chi davvero si appassiona ad un capolavoro dell’elettronica come questo.

Dopo svariati progetti con cui si sono fatti strada egregiamente nel panorama musicale europeo, e dopo aver meritato a pieni voti l’onorificenza di Band Ecowave per eccellenza, i Joycut riescono a produrre qualcosa di diverso rispetto al passato: l’apertura che si nota infatti rispetto al loro ultimo lavoro Ghost Trees Where To Disappear permette di apprezzare questo PiecesOfUsWereLeftOnTheGround, quasi del tutto strumentale, come un lavoro ben organizzato e con un sound strutturato al meglio. Il disco è stato registrato tra Bologna, New York e Dusseldorf, fattore a mio avviso che ha influenzato fortemente la loro logica di composizione.

Composto da tante tracce (ben 12… !) PiecesOfUsWereLeftOnTheGround ci regala un continuo viaggio tra realtà cosmiche e paesaggi della nostra immaginazione. Il brano di apertura Wireless è un percorso marino che divaga tra synth e batteria introducendoci alla sensazione di libertà da ogni schema che si percepisce in tutto l’album; molte tracce richiamano ambientazioni più industriali come Individual Routine o la bellissima Funeral inquietante al punto giusto. Come già detto il disco è quasi del tutto strumentale fatta eccezione per la romanticamente malinconica 1-D che ricorda un po’ lo stile Editors (gruppo a cui hanno oltretutto aperto un paio di live), KidsKidsKids in cui voce robotica è al limite dello spaziale, e infine Save che perde quasi del tutto la caratteristica electro per lasciar spazio ad un’accezione un po’ più alla Morrissey.

Brani sicuramente degni di nota (non per sminuire gli altri ovviamente… ) sono Drive in cui sembra proprio di essere in un viaggio alla guida di una macchina elettrica, guisto per rimanere in tema, dalla quale possiamo goderci un meraviglioso paesaggio; Darkstar che regge benissimo gli 8.18 minuti di durata portandoci a spasso sulla via Lattea senza annoiarci mai; e per finire Pieces Of Us che personalmente definisco l’apice di tutto l’album.

I Joycut dimostrano di avere un concetto di elettronica che si estranea completamente da quello comunemente conosciuto: se questa è la strada che hanno deciso di intraprendere io sarò sicuramente tra la folla di seguaci… sperando di poter sentire tra qualche anno qualcosa di ancora più all’avanguardia.

 

 

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