Moby Dick (Radio2) intervista Paul McCartney: leggila in anteprima

Paul McCartney ha rilasciato una lunga intervista al programma Moby Dick, in onda su Rai Radio 2. L'intervista verrà trasmessa integralmente giovedì 1 dicembre alle ore 21. Intanto... ve l'anticipiamo in buona parte, sapendo di fare cosa gradita ai Beatles-maniaci e non solo

Paul_Mc_Cartney_intervistaPaul McCartney ha rilasciato una lunga intervista al programma Moby Dick, in onda su Rai Radio 2.

L’intervista verrà trasmessa integralmente giovedì 1 dicembre alle ore 21 e successivamente sarà disponibile in podcast.

Intanto… ve l’anticipiamo in buona parte, sapendo di fare cosa gradita ai Beatles-maniaci e non solo.

Intervista a Paul McCartney

Il nuovo disco? “Uscirà a febbraio e sarà completamente diverso dai precedenti: una cosa old fashion, ma al tempo stesso moderna, in collaborazione con Diana Krall e la sua band”. La canzone che non può mancare in un suo concerto? “Let it be”. La pirateria musicale? “Penalizza oggi soprattutto i giovani musicisti ma è un problema in via di soluzione”. E sul versante più intimo, nel decimo anniversario della morte di George Harrison: “mi mancano la sua amicizia, il suo umorismo, il suo buon senso, la sua musica”.

All’indomani dei concerti di Bologna e Milano, Sir Paul Mc Cartney si racconta in un’intervista esclusiva a Radio2, che verrà trasmessa integralmente in uno speciale di Moby Dick, giovedì 1 dicembre alle 21, da scaricare e riascoltare in Podcast, sul sito radio2.rai.it.

L’ex beatle risponde alle domande di Silvia Boschero sul suo rapporto con la musica, i suoi incontri artistici, commenta le attuali tensioni sociali in Europa, parla del suo nuovo lavoro e non esclude, seppur in tono ironico, un suo ingresso in politica.

Sir Paul, guardando i suoi due ultimi tour, in cui lei reinterpreta canzoni dei Beatles mai fatte prima, oppure ri-arrangia pezzi storici in una nuova chiave molto rock, sembra proprio che si diverta molto più adesso che 40 anni fa con i Beatles. E’ possibile?

Sì, è possibile. Una delle cose positive è che diventi un po’ meno nervoso. Puo’ sembrare strano ma io dico sempre al mio promoter: metti in vendita un solo concerto, non tutto il tour e vediamo prima come vanno le cose. Se sono fortunato poi succede che mi richiami il giorno successivo e mi dica: è andato tutto sold out in 5 minuti Paul! Questo mi rassicura perché so che poi tutte quelle persone che vedrò sotto il palco sono lì perché hanno voluto fortemente venire a vedermi, perché gli piaccio molto e ciò mi aiuta a tranquillizzarmi dal vivo. L’altra cosa è che ho una band fantastica, ci divertiamo un mondo a suonare ed è uno scambio reciproco. Infine non programmo tour stressanti né lunghi, non giriamo per 3 mesi o 3 anni. Scegliamo un piccolo periodo di tempo e questo mi permette di trascorrere il tempo dovuto con la mia famiglia, di fare la mia vita. Così’ quando torniamo a suonare ne abbiamo voglia, ne abbiamo fare, e sono certo che questa forza il pubblico la senta.

Ha iniziato il suo tour dall’Italia e crediamo lei abbia un rapporto speciale con il nostro paese soprattutto dopo l’indimenticabile esperienza del doppio concerto al Colosseo di fronte a più di mezzo milione di persone. Che ricordi ha di quei momenti?

Un doppio ricordo. Il primo è di quando suonai dentro il Colosseo; lì fu piuttosto straniante perché avevo di fronte le immagini dei cristiani dati in pasto alle bestie… un momento bellissimo, storicamente interessante. Poi ci fu la notte successiva fuori dal Colosseo e di quella sera ho mille immagini di tantissime, tantissime persone. Per noi la serata più bella, di pura gioia. Mi ricordo che potevo vedere le persone affacciate ai balconi di diverse case: si divertivano, mangiavano, chiacchieravano e guardavano il concerto.

Come sceglie i brani da suonare con un songbook così vasto? E quanto tiene in considerazione le aspettative del suo pubblico?

Sai, ciò che faccio sempre è sedere prima di un tour e pensare: ok, se dovessi andare a vedere un concerto di Paul McCartney che set di canzoni vorrei ascoltare? E ne vengono subito fuori alcune che non possono mancare: metterei “Let it be” perché se andassi a vedermi vorrei poter cantare “Let it be”!!! Questo è il primo passo: mettere in lista canzoni come “Let it be”, “Hey Jude” eccetera. Poi farei una lista di canzoni non così ovvie, canzoni da fare solo per il gusto di farle, canzoni per i fan dei Wings, e recentemente anche canzoni che non ero in grado di fare prima e che quindi non avevo mai fatto dal vivo. Possiamo scegliere tra tantissimi brani. E questo mi permette di suonare almeno un paio di canzoni che la gente non si aspetterebbe mai. Dopo aver fatto queste liste ci mettiamo a provare e se c’è qualcosa che non ci diverte, la togliamo. Alla fine esce il set giusto. Per quanto riguarda le aspettative del pubblico, come dicevo rispondo con la prima lista, rispettandole per la maggior parte.

Lei con i Beatles ha cambiato l’immaginario di più generazioni, come porta sulle spalle il peso della sua stessa leggenda? Si è mai svegliato nella notte credendo che tutto questo sia stato un sogno?

Sai… non è così male. Ovviamente di tanto in tanto mi soffermo a meditare sul mio ruolo, e mi dico: accipicchia, se così tante persone vengono ancora ai miei concerti, o ancora comprano le canzoni dei Beatles su Itunes, o i miei nuovi dischi… beh… è incredibile! Incredibile che io sia conosciuto da così tante persone in tutto il mondo! Ma la cosa non mi preoccupa e non mi fa paura. C’è stato un tempo in cui era diverso… vedi, negli anni Sessanta, quando ero giovane, non avevo tutto questo e mi chiedevo se l’avrei mai potuto raggiungere. Ora invece vivo il presente e sto meglio: mi piace quello che faccio e mi basta. Vivo piuttosto bene la mia fama per la maggior parte del tempo. Riesco a divertirmi e quindi posso solo dire di essere fortunato rispetto alla stragrande maggioranza delle persone su questa terra. Dico a me stesso: devi essere felice. Poi c’è la parte più piacevole: riuscire a trasmettere piacere alle persone con la musica. Questo mi fa ovviamente felice. Capita che alcuni mi incontrino per strada e mi dicono: sono stato molto malato, oppure ho avuto un fratello con il cancro, ma la tua musica ci ha aiutato a superare i momenti difficili… Questo è un privilegio veramente speciale. Dunque: cerco di concentrarmi sui lati positivi della mia notorietà, e anche se succede a volta che mentre sono in un ristorante qualcuno mi importuna con le foto con insistenza mi limito a dirgli: per piacere, sto vivendo un momento di privacy, puoi rispettarlo?

Mentre il suo vecchio sodale Lennon ebbe dei momenti di lungo buio, lei non ha mai smesso di scrivere musica. Dopo i Beatles la carriera solista, i Wings, il progetto sperimentale con i Fireman, i concerti. Non è possibile per Paul McCartney pensare ad un blocco creativo?

Beh, se anche avessi un blocco creativo non me ne preoccuperei più di tanto… veramente! Il fatto è che mi appassiona ancora totalmente il mistero di scrivere la musica… Non mi è mai capitato di sedermi con la testa tra le mani e disperarmi se non mi veniva una canzone. Concepisco tutto questo come divertimento. Per me scrivere è come un gioco. Un gioco di bambini. Mi sono divertito fin dagli anni Sessanta a giocare quel gioco. Se dovessi accorgermi che le cose non stanno filando lisce, allora lascerei stare per un po’… fino a che il gioco non riprende il suo gusto. Ma devo dire che non è mai successo e questo grazie al fatto che sono ancora affascinato in maniera infantile dall’intero processo creativo.

Keith Richards ha appena vinto un premio letterario molto importante per la sua autobiografia “Life”. Nel libro racconta di averla incontrata piuttosto tardi ma di un’occasione in cui avreste registrato delle canzoni assieme, una rivelazione che lo stesso Richards aveva diffuso su internet lo scorso anno. Possiamo davvero sperare in un inedito McCartney-Richards?

No. Ci siamo incontrati durante una vacanza e abbiamo trascorso del tempo divertendoci molto. Qualche pomeriggio a chiacchierare di musica, suonare assieme, ascoltare vinili e cassette… Ad un certo punto è venuta fuori l’idea: non sarebbe bello tirare fuori un duetto McCartney-Richards? Dai sì scriviamone uno adesso! Ma alla fine è diventato un gioco, una cosa che faceva veramente ridere. Una canzoncina scema da ragazzini, davvero, una roba così, per puro divertimento. Un giorno la riveleremo al mondo, dicemmo. Faremo così: posteremo su Internet che ci siamo incontrati, che abbiamo scritto una canzone e che stiamo per renderla nota. Ma non era certo un capolavoro, era così scema che abbiamo abbandonato l’idea.

Chi crede che sia il più grande musicista pop oggi?
Io!

Paul McCartney canta sotto la doccia?

Oh sì. Sotto la doccia, nella doccia, nella vasca, camminando per strada, in macchina, ovunque. Fa bene all’anima.
… comunque… rispetto all’altra domanda che mi hai fatto… credo che anche oggi ci siano in giro grandi, grandissimi artisti… ce ne sono diversi davvero…. molti… ehmmm… comunque sì’, credo di essere il migliore!

In questi ultimi mesi c’è un grande fermento dal basso, sia in America (con il movimento 99% Occupy Wall Street) che a Londra con Occupy London. Tutti in piazza a chiedere diritti ed equità. Lei, che ha vissuto il periodo più caldo della contestazione , come trova questo momento sociale? Ed è ottimista rispetto al futuro?

Sì. Credo che ci sia un comune pensiero razionale sottinteso alle proteste di tutte queste persone. Credo che qui il problema più grande sia che se le banche falliscono o rischiano di fallire (come è successo negli Stati Uniti o qui in Inghilterra o altrove in Spagna, Grecia, eccetera) alla fine quelli che perdono di più sono i cittadini che pagano le tasse. Questo alla gente ovviamente non piace. Ma il problema ancora più grande è che prima di rifarsela sui cittadini, le banche si sono addirittura auto-premiate con dei maxi bonus. Questo fa veramente arrabbiare. E credo che questa rabbia sia giustissima.

Anche un colosso della discografia come lei è toccato dalla pirateria musicale?

Tutti gli artisti sono interessati ad avere il giusto compenso per il loro lavoro. Se in una compagnia di amici solo uno compra un disco e tutti gli altri se lo registrino l’artista rimane fregato! Penso sia corretto che le persone paghino per un lavoro, è naturale. Una ventina di anni fa rilasciai un’intervista proprio ad una televisione italiana e la giovane presentatrice mi chiese: che cosa ne pensi di Napster? Erano i primissimi tempi del fenomeno. Lei mi disse: non trovi che sia una cosa grandiosa che la gente possa scaricare tutto gratis? Io le risposi: ok, ma aspetta, se domani tu vai dal tuo capo della tv e gli chiedi i soldi per il tuo lavoro e lui ti dice: no, non ti do niente, tu come reagisci? I musicisti fanno il loro lavoro e devono essere pagati. Penso anche che tutto stia cambiando e sono piuttosto ottimista, spero che si riesca a trovare questa consapevolezza e a dare una giusta remunerazione ai musicisti. Perché quelli che rischiano di più sono ovviamente i giovani musicisti: pensa ad una band o ad un’artista che riesce a scrivere una sola hit, ma una grandissima hit. Ai miei tempi ciò gli avrebbe garantito un sacco di soldi con i quali dar da mangiare alla famiglia, crescere i figli e pagare le bollette per gli anni a venire. Ma se oggi questa hit si trova in download gratis ovunque, tutto è finito, anzi, non è neppure iniziato. Non c’è chance.

Oltre alle grandissime hit scritte con i Beatles e i Wings, lei è stato un grande pioniere della musicale sperimentale, sia a livello tecnico che concettuale…

Be, io adoro il lato sperimentale di questo lavoro. Come hai detto tu stessa negli anni Sessanta mi eccitava molto questa dimensione. Mi piaceva inventarmi la mia musica e poi lavorarci sopra per mantenere quella musica fresca. Proprio ieri parlavo con un giovanissimo produttore inglese che mi diceva quanto a suo parere sia avanguardista il mio album “McCartney II” (del 1980, ndr). Beh, effettivamente lì mi sono divertito a scoprire cosa si poteva fare usando certi sintetizzatori, i sequencer e tutti quelli strumenti che allora erano totalmente nuovi sulla scena! Mi piace farlo, è interessante, è divertente, e mi dà soddisfazione che queste cose vengano rivalutare anche anni dopo, magari suonandone delle tracce nei club (cosa che mi capita spesso di sentire!).

C’è una dimensione ancora in parte segreta, sottotraccia di Sir Paul McCartney che è quella del suo progetto parallelo Fireman, assieme ad un semi-sconosciuto deejay elettronico di nome Youth… Ancora il suo lato sperimentale: quanta energia mette nel progetto Fireman e quanto si sente più libero rispetto all’icona McCartney?

Con Fireman tutto è nato così: avevo delle canzoni che volevo far remixare e le proposi a due ragazzi: Youth e Nitin Sawhney. Lavorai con entrambi poi decisi di chiedere a Youth se aveva voglia di far qualcosa di più che remixare semplicemente le tracce. Lui accettò e io gli dissi: ok, non dirlo a nessuno, vieni nel mio studio in campagna e buttiamoci a sperimentare qualcosa, vediamo cosa viene fuori, senza pretese. Decidemmo di chiamarci Fireman e in poco tempo mettemmo su il primo disco. Un disco di trance-dance, musica da ballo, da club inglese. Mi resi subito conto che stavo vivendo quei giorni come fosse una bellissima vacanza. Non avevo la preoccupazione di quello che stavo facendo, non avevo nessuna responsabilità, suonavamo, discutevamo di qualsiasi cosa: di Andy Warhol, Allen Ginsberg, dell’arte in genere. Ogni pensiero tra di noi era una scintilla. Ad un certo punto gli stavo raccontando che adoro trascorrere il mio tempo libero nei deserti più caldi, gli raccontavo forse dell’Arizona… e lui mi fa: ok, entra nello studio, portati il microfono, fai finta di essere un deejay radiofonico in Arizona. E così ho iniziato ad improvvisare… parlavo a ruota libera e lui selezionava quello che gli interessava. Ad esempio la frase: “its’ really beautiful”, “è molto bello”, a ripetizione.Invece nell’ultimo album che abbiamo fatto, “Electric arguments”, mi disse: perché non canti qualcosa? Allora provai a fare una canzone con le prime cose che mi venivano in mente, poi mi ispirai ad un libro di poesie, costruendo il pezzo piano piano. Insomma, con Fireman si tratta di un processo creativo molto libero e piacevole. Mi ha ricordato il lavoro di improvvisazione di alcune scuole attoriali, una cosa spontanea, immediata.

E’ il decimo anniversario della morte di Harrison, cosa le manca di Harrison?

Molte cose: la sua amicizia, il suo senso dell’umorismo, il suo buon senso, la sua musica.

Cosa può anticipare sul disco nuovo?

Ho appena finito un disco completamente diverso dai precedenti che uscirà a febbraio. E si tratta di vecchie canzoni, di veri e propri standard. Lo definirei un album jazz. Ho lavorato con la cantante Diana Krall e la sua band. E’ una cosa old fashion, ma al tempo stesso moderna. Un album d’amore, romantico. Sul disco ho scritto solo due canzoni molto notturne, stile anni Quaranta. Lo abbiamo appena finito due settimane fa a Los Angeles con l’ottimo produttore Tommy Lee Puma. E poi sto anche scrivendo cose nuove, entrerò presto in studio con due brani nuovi ma non ho idea di cosa diventeranno.

Lei si ritiene una persona romantica?

Certo signorina! (lo dice in italiano..ridendo, ndr)

Signor McCartney forse sa che in Italia c’è grossa crisi e che nel 2013 probabilmente avremo bisogno di un candidato Primo Ministro, lei è eventualmente disponibile?

Certo, dammi due anni per prepararmi!

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