Intervista a Valentina Lupi

RockShock incontra Valentina Lupi, una promessa femminile della musica italiana che è già una bella realtà. Guarda la foto gallery

Valentina Lupi

Pochi giorni fa è stata pubblicata su RockShock la recensione del disco Atto Terzo di Valentina Lupi, e come per magia, alcuni giorni dopo, la giovana cantante romana è a Firenze, alla FNAC dei Gigli, per presentare il disco. Ovviamente non mi lascio scappare l’occasione di incontrarla, fotografarla ed intervistarla. Prima però lascio che canti, accompagnata da Matteo Scannicchio al piano. Con gli occhi azzurri praticamente sempre chiusi e le mani segnate dal nervosismo, interpreta buona parte delle canzoni tratte da Atto Terzo, che in versione unplugged acquistano in intensità ma, ovviamente, perdono in energia. Sono in ogni caso belle canzoni. Finita la presentazione, salutato il pubblico, firmati degli autografi, ci sediamo e parliamo. In realtà quella che leggerete è un’ampia sintesi, poiché sono partite molte digressioni su ingegneria civile, Legge di Darwin e altro. Argomenti che vi avrebbero distratto troppo dal soggetto principale dell’intervista: Valentina ed il suo disco.

RockShock: Nel tuo disco non ci sono delle classiche canzoni d’amore. Mi sembra più che altro una generosa confessione: come ti dichiari, innocente o colpevole?

Valentina Lupi: La verità sta nel mezzo: a volte mi sento colpevole, infatti i miei sensi di colpa mi coinvolgono costantemente e mi portano a scrivere. Nello stesso tempo sono anche un’accusatrice ma non senza motivo. Credo di mettermi molto in discussione. Quando ti metti in discussione riesci a vedere la realtà forse in modo più chiaro. Nei momenti di rottura di un rapporto, in un primo momento, ammetto di essere una persona che si butta fango addosso, che pensa di aver distrutto tutto. In realtà la mia istintività mi porta a prendere delle decisioni in modo molto repentino perché mi fido ciecamente delle mie sensazioni, nel tempo queste mi danno ragione. “La Mia Colpa” è un pezzo dove non mi dichiaro assolutamente colpevole, anzi accuso un’altra persona, che poi in ogni caso riconosco di amare nonostante mi abbia ferita. Non racconto l’amore in un modo sereno perché non l’ho vissuto tranquillamente almeno fino a poco tempo fa. L’ho affrontato spesso in modo conflittuale. In molte delle mie canzoni racconto storie idealizzate e poi fallite.

RS:I maschi non ne escono molto bene dalle tue canzoni.

Valentina Lupi: In realtà ho molta stima della natura maschile, solo che in passato la mia colpa è stata quella di idealizzare l’amore, il rapporto. Ho imparato poi anche attraverso le canzoni a vedere le persone per come sono veramente. Alcuni uomini hanno dei limiti nei sentimenti e poi c’è chi si muove con i piedi di piombo in un rapporto. Rispetto molto gli uomini intelligenti, mi piace lavorare con loro tanto da esserne circondata. Nel mio disco suonano alla batteria Cesare Petulicchio Giorgio Maria Condemi alle chitarre, Fabio Fraschini al basso e Matteo Scannicchio al piano che ha scritto anche due canzoni dell’album. Sono molto fiera della mia band, è ben collaudata, sono musicisti eccellenti, hanno saputo capire bene la psicologia di ogni pezzo, sono i fautori del mio sound, insieme abbiamo creato questo album. Inoltre spesso parlo anche di amicizie finite, non solo di amori. Le mie canzoni raccontano relazioni tra esseri umani, non necessariamente sentimenti amorosi. “Al di la del Bene e del Male” parla proprio di questo, una vota fallito un rapporto, anche di amicizia, non può essere ricucito, non potrà essere come prima. Almeno per me è così.

RS: Che strada hai preso rispetto al primo disco?

Valentina Lupi: Il primo disco è composto di canzoni che ho scritto nell’adolescenza, risentono molto dei tempi del liceo e delle letture dell’epoca. Spesso trovo ispirazione nelle opere scritte da altri. Nel primo disco c’è una canzone che si ispira a Blues in sedici di Benni, Come Scriveva “Benni”: “i duchi della cultura adulavano i peggiori perché dei migliori avevano paura”. Mi piace quando Benni fa parlare Lisa, uno degli otto personaggi del libro, mi ci riconosco molto, una vera donna, non un pezzo di carne, non la donna del boss. Questo nuovo lavoro è più maturo, sia musicalmente che testualmente. Non ho seguito una strada ben precisa però ho scartato diverse canzoni che avevo scritto in questi ultimi anni. Il mio modo di scrivere ora è più schietto, anche più poetico in un certo senso, le mie ispirazioni prendono vita dalla quotidianità.

RS: Mi stai dicendo che le tematiche che hai affrontato nel primo disco in maniera adolescenziale, in questo disco le affronti in maniera più adulta?

Valentina Lupi: In un certo senso sì. Prima scrivevo anche in maniera più criptica, più ermetica. Ero anche più autobiografica, avevo la necessità di essere compresa per forza. Invece in questo disco sono molto più diretta. Credo con Atto Terzo di esprimere un disagio che sento essere collettivo.

RS: Che difficoltà hai incontrato nella tua carriera di musicista?

Valentina Lupi: Ci sono degli ostacoli enormi. Penso che se non avessi avuto questo carattere, la forza che ho, non avrei potuto fare questo lavoro. Undici anni fa ho iniziato a suonare e, da allora, ho conosciuto diversi musicisti che hanno rinunciato a proseguire il proprio percorso musicale. Ho dovuto lottare per fare la mia musica e per il mio primo disco mi sono dovuta impegnare anche economicamente. Anche se ho avuto piccole soddisfazioni da questo lavoro, è comunque complesso sopravvivere e le problematiche sono molte. Le case discografiche spesso costituiscono un ostacolo al percorso di chi intraprende questa carriera. Bisogna credere fortemente in se stessi, non abbandonare mai le proprie convinzioni. C’è bisogno di coraggio per fare questo lavoro, bisogna superare le delusioni che possono arrivare da diverse parti. Ad esempio, quando una casa discografica non crede nella tua musica. Non si può cambiare perché sono i discografici a dirlo, l’evoluzione di un essere umano deve accadere in modo naturale, sempre ammesso che ce ne sia bisogno.

RS: So che sei allergica ai paragoni, ed io non farò nomi, ma quelli che ho letto mi sembrano tutti paragoni positivi.

Valentina Lupi: Sin dall’inizio, mi hanno spesso paragonata alla Consoli. Io la stimo moltissimo e ho ascoltato i suoi dischi, ma io sono un’altra cosa, ho la mia personalità, sono diversa. L’usanza di fare paragoni è una prerogativa tipicamente italiana. Sembra che, senza punti di riferimento indotti, un essere umano non sia in grado di esprimere un parere personale!

RS: Ci sono dei temi dei quali vorresti parlare, che non hai affrontato nei tuoi dischi, che magari ti sei tenuta per i tuoi prossimi lavori?

Valentina Lupi: No, non ce ne sono. Non ho messo niente da parte, a dire la verità ho il terrore del prossimo album. L’esperienza della perdita di mia madre, avvenuta un anno fa dopo un lungo periodo di malattia, ha avuto un ruolo fondamentale in questo disco. Già avevo perso mio padre quando avevo quattordici anni, nel primo disco c’è una canzone che si intitola 28 gennaio 1996, il giorno in cui l’ho perso. Per questo sono passati cinque anni dal primo album. Quest’esperienza è come se avesse cancellato tutto quello che avevo dentro. È come se io stessi ricostruendo una casa dalle basi, non riesco ancora a pensare come saranno le camere. Alcune canzoni del disco sono nate durante questa esperienza, il resto è stato tutto ricostruito. Durante quel periodo sono riuscita ad andare avanti solo leggendo Sant’Agostino e Seneca, perché non riuscivo più a capire se c’era qualcosa in cui credere, se avrei mai ri-incontrato mia madre. I libri mi hanno dato tranquillità. Dove sei è una ricerca, una sorta di preghiera verso mia madre; di lei mi manca tutto, parlarci, sentirla al telefono,vivere con lei. Ecco, la solitudine e la rabbia sono i temi portanti. La solitudine e anche l’abbandono da parte della sanità italiana, perché ho dovuto affrontare la terribile burocrazia del nostro paese durante la sua malattia. Purtroppo per sopravvivere bisogna essere forti, è molto faticoso. Ci vuole una forza mostruosa per stare su un piedistallo. Cosa che neanche mi piace .

RS: Ci sono musicisti con i quali ti piacerebbe collaborare?

Valentina Lupi: Mi piacerebbe tantissimo lavorare con Paolo Benvegnù, mi piacciono le sue canzoni ed i suoi live. Trovo che abbia una scrittura tipicamente femminile. Mi spiego, da donna penso che lui scriva parlando al cuore delle donne. Io almeno lo sento così. Anche Manuel Agnelli è un musicista con il quale mi piacerebbe collaborare. Sono due persone carismatiche, molto vere e sanno descrivere perfettamente la natura umana.

Concludiamo la chiacchierata confrontando i nostri gusti musicali del passato e del presente. Ci diciamo le classiche due “bischerate”, com’ è normale sentire dalle mie parti, prima di salutarci con la promessa di Valentina di tornare, appena sarà possibile, con la band a pieno regime. Sarà così possibile scoprire non solo l’intensità, ma anche l’energia della personalità e delle canzoni di Valentina.

Guarda la foto gallery del live unplugged di Valentina Lupi a Firenze (foto di Antonio Viscido)

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