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Endura: recensione di Between Earth and Sky

La band heavy metal sassarese Endura manda alle stampe il suo album d'esordio Between Earth and Sky: un tuffo carpiato e nostalgico nelle sonorità della vecchia scuola NWOBHM e thrash metal.

Endura

Between Earth and Sky

(Endura Records)

NWOBHM, speed metal, heavy metal, power metal, thrash metal

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Endura_between_earth_and_sky_recensioneDopo aver registrato una prima demo intitolata Near to Deliverance, la band heavy metal sassarese Endura manda alle stampe il suo album d’esordio Between Earth and Sky, edito per Endura Records.

Il collettivo sardo, composto da Marco Masala, chitarrista e compositore, Giampiero L’Ungherese, anche lui chitarrista, Alessandro Diez alla voce, Mario Arrica al basso e Giovanni Mulas alla batteria, raduna sotto la bandiera dei quattro mori (li quattru mori in sassarese) quel senso di appartenenza verso ciò che ha rappresentato il macro-genere heavy metal degli anni ’80, in ogni sua contaminazione, attraverso un vero e proprio atto d’amore incondizionato che travalica ogni percezione spazio temporale, andando a rispolverare quella sorta di archivio della memoria con lo scopo di riportare alla luce le influenze della vecchia scuola NWOBHM e thrash metal, quando certe sonorità estreme incutevano ancora timore.

D’altronde, ancora oggi, per qualcuno essere metallari significa vivere da metallari, come filosofia di vita, alla stregua di un autentico mantra religioso. Quello degli isolani Endura, contrariamente alle tendenze del music business contemporaneo, è un tuffo carpiato e nostalgico all’indietro di ben quattro decenni, che ripercorre a ritroso quel tragitto emozionale che porta direttamente al ventre primordiale da cui hanno avuto origine tutte le evoluzioni stilistiche del genere metal: dai solchi primigeni tracciati dai Black Sabbath alla new wave del metal britannico dei vari Motörhead, Judas Priest e Iron Maiden, fino alle sponde oltreoceaniche del thrash metal della Bay Area di San Francisco, dei Metallica, Slayer e Megadeth.

Traendo ispirazione da quelle mutevoli radici culturali, la fervente scena anglo-californiana ha contribuito ad elevare il genere metal dalla sua dimensione underground e al contempo a forgiare un sound dalle inconfondibili coordinate tecniche e calligrafiche, partendo da composizioni fondamentali e grezze che, successivamente, si sono combinate in strutture più articolate e dal taglio sinfonico, facendo dell’headbanging (cervicale permettendo) un esclusivo marchio di fabbrica e creando, di fatto, una mitologia parallela.

 

L’impianto compositivo di Between Earth and Sky prende forma nei fraseggi crepuscolari e arpeggiati (Awareness, From Zenith to Nadir), dalla forte carica evocativa, che rimandano esplicitamente ai Metallica di Welcome Home (Sanitarium), alternando riff grattugiati, granitici ed esplosivi a cui si uniscono la velocità di esecuzione dell’hardcore punk e il furore incalzante di travolgenti cavalcate ritmiche (Pleroma, Between Earth and Sky, Lost In The Void), i funambolismi acrobatici del pedale wah-wah, lo speed metal degli Iron Maiden di Powerslave e le atmosfere epiche del power metal melodico di latitudine nordeuropea.

La musica rock, in ogni sua derivazione, ha quasi sempre utilizzato espressioni figurate e allusioni per raccontare le proprie storie. E Between Earth and Sky non è da meno. Le tematiche principali di questo debutto discografico, composto da nove tracce inedite (di cui due strumentali, Intro e Outro), trovano terreno fertile nel tormento dell’animo umano: da un lato, focalizzandosi sul dualismo ambiguo e dicotomico degli opposti, dall’altro ruotando attorno a quel linguaggio simbolico che accompagna trame come esoterismo, viaggi introspettivi ed esperienze metafisiche.

Muovendosi nella connessione trascendentale che c’è tra sacro e profano, gli Endura mettono in evidenza il controverso e patologico rapporto tra essere umano e tecnologia, sottolineando il valore spirituale del sacrificio, quale unico modo per separarsi dalla corruzione del mondo materiale e liberarsi dalla schiavitù delle “terre di mezzo virtuali”, guardando al tempo e alla storia come un qualcosa dall’andamento ciclico e non solo lineare.

Viviamo, dunque, un’ epoca di declino, popolata da conflitti e scontri d’ogni genere; una fase discendente (Kali Yuga) che nella cosmologia spirituale vedica si sussegue ad altre come fossero stagioni, in uno sviluppo circolare che prima o poi vedrà il suo movimento ascendente. Nel frattempo, ci limitiamo ad osservare il presente dal comfort delle nostre stanze, danzando come marionette, mentre fuori suona la sinfonia della distruzione.

facebook.com/enduraofficialsassari

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