The Sunwashed Avenues: Lama King

Siete stanchi del solito metal? Siete annoiati dai riffoni e dalle urla che sembrano tutte uguali? The Sunwashed Avenues cercano di dare nuova linfa al mathcore con Lama King, il loro nuovo album

The Sunwashed Avenues

Lama King

(Autoproduzione)

mathcore, screamo, grunge

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The Sunwashed Avenues: Lama KingThe Sunwashed Avenues giungono alla quarta prova. Lama King è il loro nuovo disco autoprodotto. Il quartetto elvetico si destreggia con disinvoltura tra screamo e mathcore, senza disdegnare aperture nu-grunge infarcite di (pochi) growl e microtoni dissonanti.

La caratteristica principale che pervade l’intero lavoro è senza dubbio l’urgenza, la furia, con la quale gli svizzeri condiscono i nove episodi del disco. Un album che a dispetto di quanto riportato nelle note di presentazione, deve abbastanza poco all’hardcore ed al punk. Più che riferimenti a Dead Kennedys e Black Flag, qui si sentono Slipknot ( e Stone Sour), Dillinger Escape Plan e le ipnotisi dei System Of A Down.

Da questo punto di vista, probabilmente, il lavoro risulta non eccessivamente innovativo né troppo riconoscibile e personale. Il genere musicale di riferimento, d’altronde, si presta più a piccole variazioni che a grandi novità; è così che migliaia di sottogeneri del metal ed affini si differenziano più per dettagli stilistici che per sostanza.

Il taglio grunge di alcuni degli episodi di questo Lama King potrebbe, tuttavia, essere la chiave di volta per capire un progetto che mischia vocoder (Lama King) a ritmi mathcore forsennati (So Bamby) con richiami ai Faith No More (però quelli degli anni ’90) in My Ling. Ma se c’è un ingrediente che davvero rende interessante questo lavoro, è quel tocco imprevedibile di melodia e psichedelia che (come ad esempio in Matterhorn) li fa sembrare i Crash Test Dummies sotto acido in versione slow-core e che ricorda un po’ i Soundgarden del periodo Superunknown.

Insomma, le intuizioni non mancano e le potenzialità ci sarebbero tutte, però (e questo è il limite di ogni autoproduzione) ci sarebbe anche bisogno di metterle in ordine, bilanciarle, intersecarle meglio. Creare un flusso sonoro più unitario e meno frammentato. Buttare tutto in un frullatore miscelando bene le quantità e tirare fuori qualcosa di nuovo e personale. In questo senso Holidays è il brano più riuscito e probabilmente il meglio “cucinato”.

Questa band ha nelle dita la chiave per la prossima svolta del panorama musicale hard’n’heavy, hanno solo bisogno di una produzione importante ed un bell’investimento per poter sfondare. Chi vuole cogliere l’occasione al balzo?

 

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Antonio Serra
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