Zois: intervista (l’ultima collaborazione di Mango)

È uscito il primo album omonimo degli Zois, un tripudio di sperimentazione in cui spicca la cover di Oro con il prezioso featuring di Mango nella sua ultima apparizione

Zois

s/t

(LullaBit)

pop

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zoisGli Zois arrivano da Bologna e, ancor prima di inserire nel lettore il CD del loro omonimo album di esordio, attirano l’attenzione per almeno tre fattori.

Innanzi tutto perché il loro lavoro è il primo della neonata etichetta LullaBit. E, di questi tempi, il fatto che ci sia ancora qualcuno disposto a scommettere e investire sulla musica partendo da zero è già una –ottima- notizia.

Poi perché i quattro giovani musicisti possono fregiarsi del featuring di un grandissimo della musica italiana come Mango. La loro cover di Oro è straordinaria perché ribalta senza alcuna sciocca riverenza un classico arricchendolo di una freschezza devastante. Il video promozionale è l’ultimo in cui è apparso il cantautore che, come ulteriore regalo, ha composto insieme alla band uno dei dieci brani inediti, Stella Contraria, sulla cui musica la front-woman Valentina Gerometta ha ricamato un testo mai banale tessendolo con le linee di una voce sorprendentemente versatile.

Infine perché, come accennato all’inizio, Zois sarà disponibile anche su supporto fisico e distribuito all around.

Tutto quanto sopra, sommato al tripudio di suoni che si rincorrono a colorare ciò che potrebbe essere semplice melodia e invece si trasforma in sperimentazione, merita certamente un plauso per il coraggio.

Quando parte la prima traccia, Niente È Quello Che Sembra, le prime note mi disorientano. Fino a quel “Esco, non mi importa, sono un ostaggio del sistema” che mi riporta con i piedi per terra e mi inganna, perché credo di essere di fronte all’ennesimo nuovo gruppo italiano che suona uguale a tutti gli altri e spara a zero sulle solite tematiche ormai tanto in voga, dai difetti imprescindibili della democrazia all’inondazione di informazioni che ci allagano minuto per minuto conducendoci inconsapevolmente all’omologazione del pensiero e via di questo passo.

E invece niente di più sbagliato, per fortuna.

Le canzoni sfilano velocemente, l’ascolto è piacevole e decisamente diversificato.

In Per Te è di nuovo la performance vocale a emergere sulla base di un pezzo molto ben strutturato che lascia il passo al rock elettronico de Il Banco Dei Pegni e alla sonorità liquida che caratterizza Il Paradosso di Zeno.

La chitarra acustica che apre Alberi e Fango è il prologo a quello che probabilmente è il brano più trasparente dell’album. L’unico che, insieme a Riflettendo Sul Tempo, lascia assaporare l’essenza basica degli Zois e non soltanto intuirla.

E chissà che il viaggio a navigatore spento non ci regali un prossimo album unplugged, in quella che potrebbe rivelarsi la versione double-face degli Zois sulla scia del Juliet Naked di Tucker Crowe, l’idolo creato dalla fantasia hi-fi di Nick Hornby.

Provocatorio ma perché no? Azzardato è certo, ma forse neanche troppo quando la voglia di un gruppo di spingersi su strade inesplorate è così vividamente lucida e a compromessi zero.

Sul loro sito c’è scritto così: “Acustico o elettrico, legno o transistor: il loro personale linguaggio musicale mescola con leggerezza generi apparentemente distanti e una solida base rock, pulsazioni dance e canzone d’autore, tempi dispari e melodie accattivanti, battito funk e orizzonti dilatati”.

zois-band

Hanno saputo descriversi bene e, siccome sono piuttosto bravi anche con le parole, posso rilassarmi un po’ e lasciar proseguire Valentina.

 

RS – Ho letto da qualche parte che definite la vostra musica “industrial pop”. Cosa significa esattamente?

VG – Il significato racchiude un po’ gli estremi del nostro genere. Come penso avrai notato non ci rifacciamo a un unico filone musicale ma mischiamo parecchia roba. E di sicuro, come dire, la spina dorsale portante di tutti i brani è la melodia che è spesso una melodia di formazione abbastanza pop. Sotto c’è un cordone rock abbastanza consistente e poi mischiamo molti suoni diversi. E con l’elettronica in particolare per alcune cose guardiamo proprio al mondo dell’industrial, che di solito è abbastanza distante dal cantautorato piuttosto che dal pop. Quindi secondo noi è un po’ questa la nostra caratteristica, musicalmente parlando non badiamo tanto alle famiglie e alle parentele, ma alla potenza comunicativa che ogni genere ha. E quando questa potenza comunicativa è adatta al significato del brano, sia musicale che di testo, noi la utilizziamo. Da questo deriva il nostro suono.

RS – La cover dell’album richiama un po’ questo concetto. L’avete ideata voi?

VG – Sì, l’ha ideata la sezione grafica della LullaBit, che è la nostra casa discografica e richiama esattamente questo concetto. La scultura del robottino che c’è in primo piano è costruita con dei materiali di risulta, gli occhi sono il cruscotto di una Panda 4X4, il corpo è il telecomando di un macchinario, quindi c’è questa idea di reinventare il significato di un oggetto in un contesto diverso e ci piace anche molto l’ambientazione della fabbrica come luogo artigianale di lavoro che è un po’ il senso che noi diamo allo studio di registrazione.

RS – Zois è un melting pot di suoni in quel che voi stessi chiamate “divertita diversità sonora”. Come sono nati i pezzi e quali sono i passaggi che hanno attraversato prima di arrivare alla loro versione arrangiata e definitiva?

VG – Nascono da canzoni che io scrivo, testo e musica. Poi iniziamo a lavorarci, di solito principalmente con Stefano (Di Chio, il bassista, NDR), che è fondamentalmente l’arrangiatore del gruppo, col quale facciamo tutto un lavoro di pre-produzione. L’album è stato arrangiato e registrato da noi e poi tramite l’etichetta siamo andati a fare alcune registrazioni, il missaggio e il mastering finale alla Fonoprint di Bologna, però tutto il lavoro di arrangiamento è stato fatto in sala. E la cosa bella è che non si tratta di un movimento lineare, non è che si parte dalla canzone, va avanti l’arrangiamento e si conclude. No, a volte l’arrangiamento ritorna sulla canzone che viene modificata e quindi è molto interattivo come lavoro.

RS – Proprio a tal proposito, ho letto un’altra autodefinizione interessante, “transgender musicali”. Quando si sperimenta tanto c’è la tendenza, tra i membri del gruppo, ad avallare comunque le proposte degli altri o c’è stata qualche discussione particolarmente concitata su come fare questo o quell’altro?

VG – Discussioni ce ne sono parecchie, in senso chiaramente positivo. Quello che ci permette di lavorare molto bene assieme è che nessuno di noi in studio porta la volontà di affermare sé stesso, a tutti interessa fare un buon lavoro e quando si discute l’oggetto della discussione è la bontà della scelta per la canzone. Facciamo un sacco di discussioni che penso che se fossero sentite da fuori sembrerebbero anche assurde, da un suono arriviamo al filosofico, cominciamo a parlare di suoni blue… e no, questa cosa qui mi dà questa sensazione… ma secondo te suona come se fossi in mezzo a un deserto? Però noi ci capiamo eh!

RS – C’è un brano che meglio di altri rappresenta quello che siete?

VG – Dal punto di vista di autrice ma non solo, anche come gruppo, è Un Sole D’Inverno. Come autrice perché è un brano a cui sono molto legata emotivamente, l’ho scritto in un periodo particolare della mia vita e questa tensione emotiva mi è rimasta appiccicata addosso e la sento molto ancora adesso quando lo suono. E come gruppo è sicuramente uno dei brani in cui è più emersa la nostra tendenza a realizzare un arrangiamento come se fosse una colonna sonora, cioè come se fosse un’immagine più che un suono. Perché ci abbiamo proprio lavorato, ci sono suoni che all’inizio dovevano riprodurre il suono del ghiaccio, un’operazione quasi onomatopeica, che è un’altra delle cose che secondo noi caratterizzano il nostro modo di intendere la musica.

RS – “Nell’oscurità, la mia stella contraria, è il solo faro che mi guiderà, ma dove ancora non lo sa”. C’è un posto in cui vi piacerebbe che questo album vi portasse?

VG – E certo, verso il secondo, verso il terzo, verso il quarto, verso il quinto… (ride) In realtà noi siamo esattamente dove vorremmo essere, cioè facciamo musica. E questo basta e basterà sempre, l’importante è che ci sia la possibilità di farla, ovviamente. Quindi speriamo che l’album vada bene e che dia la possibilità alla casa discografica di continuare a scommettere su di noi e, naturalmente, speriamo che molte persone possano apprezzarlo, per poter suonare e poter fare i musicisti.

RS – Cosa c’è all’origine e alla fine della collaborazione con Mango?

VG – La collaborazione con Mango è nata abbastanza per caso nel senso che c’era l’idea di inserire una cover nel disco e siccome abbiamo un sound un po’ particolare e questo è il nostro primo disco, volevamo una sorta di biglietto da visita per far capire alle persone chi siamo e, in quel caso, dove finiva la canzone originale e dove iniziavano gli Zois. E quindi abbiamo scelto Oro che è una canzone importante nel panorama storico-musicale italiano e che a suo tempo aveva avuto anche un’importanza proprio in termini di sperimentazione. Abbiamo iniziato a fare questo provino e chiaramente, siccome ancora non sapevamo che lo avrebbe sentito Mango, ci siamo spinti molto avanti perché sai, quando ti senti libero e lo fai proprio per il gusto di farlo, vai oltre. L’etichetta quando l’ha sentita ci ha creduto e ha detto ‘proviamo a fargliela arrivare e vediamo cosa dice’. E lì lui si è appassionato, è rimasto molto colpito da questa rilettura di un brano che per lui, proprio personalmente oltretutto, ha rappresentato la chiave di volta della sua carriera artistica. Quindi è stato un bel rischio, ecco. Però lui era veramente entusiasta tant’è che poi ha partecipato sia cantando, sia al video, e si è sviluppato un ottimo rapporto.

RS – Non è facile trovarvi una collocazione nell’attuale panorama musicale italiano, e lo dico come un complimento. Certe armonie vocali mi fanno pensare a Dolores O’Riordan, anche se a me i paragoni non piacciono troppo. Mettiamola così, se vi chiamassero ad aprire i concerti nei palasport, di chi sarebbero?

VG – Sì, ho ascoltato Dolores, hai voglia! In Italia sicuramente ci sono due realtà, una per vicinanza musicale e l’altra per imponenza del concerto. Per l’imponenza Vasco Rossi. Io non sono una fan di Vasco, lo ritengo un grandissimo, però vedere un suo concerto è una cosa incredibile, una sorta di rito religioso, un’emozione molto forte e quindi mi piacerebbe… Come vicinanza musicale sicuramente i Subsonica per come loro hanno fatto musica per tanti anni e continuano a farla, anche se poi non è che abbiamo per forza un genere sovrapponibile ecco, però mi piacerebbe molto.

RS – LullaBit rappresenta una bella sfida. Sentite in qualche modo la responsabilità di essere i primi a essere prodotti da una realtà nuova e ambiziosa?

VG – Sì, è una responsabilità reciproca e infatti siamo abbastanza atipici come nucleo produttivo perché siamo nati assieme, che è una cosa strana insomma. Però pensiamo che questa nascita ha creato delle possibilità assolutamente inedite perché di solito il rapporto artista-casa discografica è estremamente sbilanciato e quindi non si riesce a muoversi con la libertà artistica che si vorrebbe e ci sono tutta una serie di valutazioni che vengono fatte e che spesso non corrispondono alle intenzioni degli artisti. Invece in questo momento qui c’è un grosso completamento, sappiamo molto bene che siamo entrambi sulla stessa barca che vogliamo far remare al meglio, e quindi c’è una forte sinergia che è molto bella. Chiaramente un po’ di rischio e un po’ di paura ci sono, ovvio, ma va bene così.

RS – Perché tra tante proposte reperibili dovrei scegliere di acquistare Zois?

VG – Perché innanzi tutto credo che in Italia sia una cosa abbastanza nuova e quindi se c’è della curiosità musicale secondo me, se io fossi un ascoltatore, quantomeno spenderei del tempo per scoprire qualche cosa che non ho ancora sentito. E poi perché è un disco che secondo me funziona a strati, cioè c’è una prima impressione e poi, siccome ci abbiamo lavorato veramente tanto e abbiamo curato gli arrangiamenti fino all’ultimo dettaglio -almeno in questo ti riporto quello che mi hanno detto alcune persone che lo hanno ascoltato ancora prima che uscisse- è un disco dove puoi scoprire sempre qualcosa di nuovo ai vari ascolti.

RS – Siete presenti sui social?

VG – Sì, e ci terrei a dire che abbiamo una particolare attenzione per la nostra pagina Zois e in generale per quelle che sono le finestre cosiddette social della nostra comunicazione. Ci piacerebbe molto che questa pagina non fosse una comunicazione unilaterale bensì bilaterale con il nostro pubblico, che la gente ci scrivesse le sue impressioni, non necessariamente solo i complimenti. È una cosa a cui teniamo parecchio.

 

 

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