Zanne Festival 2015: Day 4 (Godspeed You! Black Emperor, Timber Timbre, Jecco Gardner)

È tempo di bilanci. I Godspeed You! Black Emperor abbassano le serrande nell'ultimo giorno di concerti dello Zanne Festival 2015 che ha visto esibirsi, inoltre, Timber Timbre e Jecco Gardner

Zanne Festival

19 luglio 2015

Catania, Parco Gioeni

Godspeed You! Black Emperor, Timber Timbre, Jecco Gardner

live report

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L’ultima giornata dell’edizione 2015 dello Zanne Festival si svolge di Domenica. A svegliarmi oggi ci pensano il suono delle campane ed una serie di batterie di fuochi artificiali e colpi scuri. E’ quasi un presagio, perché in effetti la giornata si concluderà davvero col botto. Sarà lunga e faticosa ed io ne uscirò fisicamente provato, al punto tale che crollerò sul letto pochi istanti dopo essere rientrato in camera. Ma andiamo con ordine: oggi è Domenica ed io ho intenzione di prendermela comoda.

Per colazione vado a colpo sicuro: granita di gelsi. Una volta scoperti i segreti più belli non si è più capaci di far finta di niente. La proprietaria del B&B però la sa lunga, da vera catanese, e sembra quasi volermi sfidare quando al posto della brioche mi porta un panino, solo un poco dolce, dall’impasto costellato di uva passa. Sembra volermi dire che ancora ne ho di strada da fare e segreti da scoprire. Io abbasso la cresta e mi godo il connubio divino. Lei assesta il colpo finale quando insieme al caffè mi porta una ciotolina con dei biscotti al sesamo fatti in casa. Un sapore delicato ed un gusto semplice che mi fanno tornare bambino per un attimo.

“I pullman che portano in centro oggi ci sono; è Domenica ma ci sono” mi assicura un passante prima di andare via per la sua strada, così mi siedo sotto la pensilina ed aspetto. In effetti, nella mezz’ora abbondante di attesa che mi tocca fare, di autobus ne passano almeno quattro, ma non se ne ferma neanche uno: sono quelli della linea BRT1 e fanno un percorso che non ho ben capito, so solo che non si fermano. Proprio quando penso che ho aspettato abbastanza e sono deciso a scendere in centro a piedi, Catania mi stupisce nuovamente con uno scappellotto di rimprovero per la mia poca fede. Autobus all’orizzonte e stavolta si ferma. In pochi minuti sono a passeggiare in piazza dell’Università. Il wine bar dove avevo intenzione di mangiare è chiuso, ma una cartocciata alla catanese è altrettanto utile allo scopo ed ugualmente appagante.

Davanti ai cancelli del Parco Gioeni c’è gente che attende in fila già alle 19:00. E’ un ottimo presagio nell’ottica della riuscita della serata. Io li scavalco tutti brandendo il mio pass e li lascio sul posto non senza un briciolo di invidia nei miei confronti, mentre loro dovranno aspettare ancora un’ora prima di entrare.

Jacco Gardner @ Zanne 2015.Foto di Antonio Serra.
Jacco Gardner @ Zanne 2015.Foto di Antonio Serra.

Jecco Gardner e la sua band stanno ancora finendo gli ultimi ritocchi di sound-check ed io mi faccio già un’idea di cosa aspettarmi dal giovane olandese. La sua performance inizia poco dopo le 20:30 ed il biondo capellone ha la fortuna di esibirsi davanti a poco meno di un migliaio di persone. La sua psichedelia deve tutto a Syd Barrett ed anche un po’ ai Beatles post Revolver. Ottime esecuzioni e canzoni composte con eleganza gli fanno guadagnare applausi e favori da parte di tutti. Non si fa mancare nulla Jecco, lui e la sua band si spendono per regalarci viaggi psichedelici strumentali come se ne vedevano solo nella Londra inzuppata di LSD di fine anni ’60. I suoni e le melodie e gli arpeggi sono calibrati nel minimo dettaglio per ricreare esattamente quello spirito e quella attitudine. L’unica pecca è probabilmente la monotematicità della proposta musicale, ché o sei un impallinato di psichedelia anni ’60 oppure dopo mezz’ora di arpeggi puliti e sognanti, maracas e tamburelli, un poco ti annoi. Jecco Gardner guarda i mondo attraverso un caleidoscopio, di conseguenza ci racconta ciò che vede ed è tutto fiori e colori. Ma la folla di stasera, che è qui per gli headliner, ha le orecchie abituate alle reiterazioni infinite, quindi gradisce molto e restituisce calore. Il combo olandese incassa e porta a casa benedicendo la Sicilia che, in parte, come ci tengono a sottolineare,scorre anche nel sangue del tastierista.

Timber Timbre @ Zanne 2015.Foto di Antonio Serra.
Timber Timbre @ Zanne 2015.Foto di Antonio Serra.

I Timber Timbre hanno avuto un problema con un piano elettrico della backline. Sembrava non funzionare bene, allora il bravo Orlando, famoso per i suoi ampli, effetti e casse artigianali, si mette all’opera per ripararlo. Il management della band fa sapere che i fotografi nel pit non sono graditi e per di più tutto il concerto vedrà un Taylor Kirk sempre illuminato in controluce e per lo più di spalle. Si farà perdonare con un set impeccabile che infiammerà i presenti. Un po’ Elvis ed un po’ Nick Cave, Kirk con la sua voce calda ed ammaliante, le sue chitarre misurate e taglienti, darà fondo a tutto il suo carisma eseguendo il meglio della produzione della band canadese. Ballate cupe e decadenti, folk buio e profondo, suoni neri come la pece e penetranti come coltelli, malessere che cola da ogni nota. Qualcuno lo definisce freak-folk per via del suo esplorare territori malsani della vita e delle miserie della gente che vive ai margini della società, in circostanze a dir poco equivoche e di dubbia legalità. E’ anche qui un genere che deve molto all’americana con dominanti nerissime, quasi gotiche. Se avete presente la foto di un canuto Johnny Cash, in bianco e nero con la palandrana nera indosso, quella della copertina di American Recordings, se avete presente l’idea di attitudine che trasmette, allora avrete un’idea di massima riguardo a ciò che intendo.

Ovazioni meritate e lunghi applausi che vengono salutati da sorrisi inaspettati ed inusuali da parte della band. La musica dei Timber Timbre è stata una pioggia torrida e torrenziale che porta il pubblico a fare i conti con la propria coscienza di peccatori. Alti livelli, di musica e di stile.

E’ il momento clou. Il palcoscenico viene dapprima sgombrato, poi riempito da amplificatori e sedie poste in cerchio. Niente foto per i Godspeed You! Black Emperor. Fotografi banditi dal pit. Per altro non sarebbe neppure tanto semplice farne di foto, visto che si esibiscono completamente al buio con l’unica luce riflessa di una serie di proiezioni sparate sul fondale bianco. Si tratta di film (nel senso che sono vere e proprie pellicole 8mm) che bagnano il grande telo bianco provenendo da quattro proiettori con altrettante bobine, sui quali armeggia un collaboratore della band, Karl Lemieux, in tempo reale, creando sovrapposizioni di immagini ed effetti che si sposeranno alla perfezione con la musica.

La performance durerà due ore esatte e sarà a dir poco spettacolare, con un pubblico in visibilio che si spenderà pesantemente in lunghi applausi ed ovazioni. Descriverla vorrebbe dire tentare di descrivere uno stato di trance. Un viaggio fatto di paesaggi nitidi, dai colori forti e molto contrastati. Orizzonti che si avvicinano e diventano via via più netti e riempiono gli occhi in maniera quasi insostenibile. Questo non è il post-rock dei paesaggi rarefatti e sognanti. Non sono acquerelli delicati e romantici. Questi sono quadri di Van Gogh, brillanti, pieni, opulenti. È una cascata di acqua fresca che ti si infrange e scorre sulla schiena. Melodie commoventi ed armonizzazioni infinite fanno sì che il tempo si fermi completamente. Siamo tutti sospesi a mezz’aria; galleggiamo persi nel turbine di costruzioni, treni in corsa, immagini di strada, che ne frattempo colorano il fondale.

Il violino di Sophie Trudeau tratteggia i contorni dando chiare indicazioni melodiche. Poi Menuck, Pezzente, Bryant e compagni ci costruiscono sopra città intere; immense metropoli sinfoniche. L’apertura è affidata ad Hope Drone che sfocia, poi, nella nuova composizione dal titolo ancora provvisorio: New Song#1. Il resto dello spettacolo attinge dall’ultimo album tanto quanto dai vecchi lavori. C’è tempo per l’altro brano nuovo: New Song#2 e non c’è un attimo di calma e non c’è spazio per la noia. Siamo in più di 3000 persone a rimanere incantate dai landscapes che il viaggio ci regala. E’ un rito sciamanico, una messa pagana, che ci manda in estasi e ci ammutolisce. Non vola una mosca durante l’esibizione dei canadesi e quando qualcuno fa troppo rumore, come nel caso di un tizio che si divertiva a calpestare una bottiglia di plastica facendola scrocchiare, tutti si girano a rimproverarlo con lo sguardo. Nessuno deve interrompere il nostro momento di comunione mentre eleviamo lo spirito verso l’iperuranio del rock, traghettati da quei sacerdoti, semi divini, che celebrano messa sul palco.

Io non mi dilungo più, cari amici, nel tentare di descrivere cosa sia un live dei Godspeed You! Black Emperor, perchè semplicemente non è una impresa fattibile. Se ascoltando qualche loro lavoro in studio percepite anche solo un minimo senso di piacere, vi consiglio vivamente di assistere ad una loro esibizione dal vivo: ve ne innamorerete follemente, come tutta la gente accorsa da ogni angolo del centro-sud Italia a Catania.

Godspeed You Blac Emperor @ Zanne 2015. Foto di Antonio Serra.
Godspeed You Blac Emperor @ Zanne 2015. Foto di Antonio Serra.

All’una di notte, precisi al secondo, i volumi si abbassano, gli strati sonori si dileguano uno dopo l’altro, ed il concerto termina mettendo la parola fine all’edizione 2015 dello Zanne Festival. Un cospicuo gruppo di spettatori tenterà di insistere a gran voce nel chiedere un encore, ma non ci sarà nulla da fare. Sfolliamo immergendoci nella notte catanese, ancora storditi, ma soddisfatti.

La mattina seguente sono in viaggio per tornare a casa tra autostrade, traghetti e cannoli. E’ tempo di bilanci. Lo Zanne Festival si è dimostrato uno degli eventi più ispirati e coraggiosi d’Italia. Ispirato perché il livello qualitativo della proposta artistica si è dimostrato altissimo. Coraggioso perché con una line-up così, nel profondo sud di un’Italia immersa fino al collo in un mare di problemi sociali ed economici, non è una cosa da tutti i giorni rimboccarsi le maniche ed accollarsi l’onere ed il rischio di organizzare un evento di quattro giorni, con questi nomi, queste proposte ed i costi correlati da sostenere. Ne ha risentito un po’ il prezzo del biglietto, è vero, ma in minima parte. Probabilmente il pubblico ancora non è del tutto pronto ed educato a festival qualitativamente così elevati, e la prova risiede nel fatto che la serata di maggior affluenza è stata quella dei Franz Fedinand (e volendo essere proprio cattivi aggiungerei nonostante gli Sparks).

La speranza e l’augurio, dal profondo del cuore, è che questo evento possa continuare a crescere e migliorare, fino a diventare un punto di riferimento non solo per Catania ed il pubblico catanese, ma soprattutto possa attrarre molte più presenze da oltre i confini siciliani. I presupposti ci sono tutti e le capacità dello staff non mancano di certo. Io mi sono divertito tantissimo e con me anche tanta, tantissima altra gente. Non rimane molto altro da aggiungere: in bocca al lupo ragazzi di Zanne!

 

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