The Decemberists: The King Is Dead

The King is Dead: il ritorno dei Decemberists. Una conferma ad altissimo livello per una band fondamentale del'indie-folk contemporaneo

The Decemberists

The King Is Dead

(Cd, Capitol)

indie-folk

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the-decemberist-the-king-is-deadEcco finalmente il ritorno dei Decemberists l’allegra brigata al seguito di Colin Meloy torna dopo l’ottimo The Hazard Of Love . Il titolo del lavoro, The King is Dead è un tributo a un celeberrimo album  degli Smiths. Anche se per la verità Morrisey e Johnny Marr sembrano essere più un’ispirazione che un’influenza diretta sulla band di Portland.

America.  A pieni polmoni: è questo che si respira sin dalle primissime note dell’esplosiva Don’t Carry It All che rappresenta la prima gradita conferma del ritorno della band agli standard abituali, quattro minuti scarsi e sono già entusiasta. Superati i timori iniziali,  il viaggio nel fantastico mondo dei Decemberists fatto di chitarre acustiche, fisarmoniche e reminiscenze passate (fra letteratura e musica) sembra sempre lo stesso, anche se ad ogni disco sii respira aria nuova. Effettivamente l’indie-folk di Colin sembra sempre più ricco e interessante, da The Crane Wife del 2006 il gruppo sta facendo passi da gigante conquistando ad ogni tornata nuovi adepti e nuovi fans.

In compagnia di Death Cab For Cutie, Camera Obscura e The Shins, i Decemberists hanno saputo ampliare gli orizzonti del proprio progetto musicale, allontanandosi prontamente dagli sterili canoni di genere (folk, con o senza indie davanti) per arrivare in altri territori: il sound scarno e semplicistico degli inizi si è via via evoluto, arrivando al risultato odierno che fonde folk, pop, rock e musica popolare in un piacevole ed elitario miscuglio di generi che a suo modo, rappresenta una novità per il folk contemporaneo. The King is dead è il tentativo ultimo della band di arrivare dove prima non erano riusciti ad arrivare, la mano di Peter Buck dei R.E.M. confluisce omogeneità ad un lavoro che risulta più accessibile rispetto ai lavori passati del gruppo.

Il sound maturo e personale della band mostra tutto l’eclettismo del gruppo che muta ad ogni traccia, sembra di ascoltare i Lynyrd Skynyrd in All Arise!, un moderno Springsteen in Down by the water sino ad arrivare alla Dylaniana Calamity Song. Fascino allo stato puro e nobile tentativo di cambiamento e ottima musica.

Una conferma ad altissimo livello per le dolci melodie di una band fondamentale del folk contemporaneo.

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