The Blacklies: Groundfloor

Vengono da Pisa, sono in quattro, hanno un'evidente passione per la scena di Seattle ma anche tante altre frecce al loro arco. Scopriamo quali.

The Blacklies

Groundfloor

(Cd, UK Division Records, 2008)

rock

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Non è facile ascoltare gruppi emergenti che uniscano a un’evidente passione per il proprio lavoro altrettanta maturità e professionalità: spesso si incappa in artisti pieni di entusiasmo che non hanno la minima idea di come confezionare il proprio prodotto. Altre volte, al contrario, si ascoltano dischi tanto curati quanto freddi.
Non è questo il caso dei pisani Blacklies, che con questo “Groundfloor” riescono a mettere in campo un’interessante miscela di feeling, competenza, attenzione e cura per l’immagine. Primo punto a loro favore.

Le coordinate della band non sono facilmente rintracciabili, perché se è piuttosto evidente l’impianto hard rock/grunge dei loro brani, allo stesso modo bisogna prestare attenzione per individuare gli spunti esterni che danno vita alle contaminazioni sonore su cui si regge il cd. Secondo punto a loro favore.

Per trovare una chiave di lettura ai 10 brani (più intro) che compongono “Groundfloor” bisogna liberarsi di un po’ di pregiudizi: lo scrivente ha messo quindi da parte le proprie idiosincrasie verso certe melodie vocali un po’ retro (Faded), per un riffing di gusto troppo grunge (New worlds), e perfino per certi passaggi street rock (Sorry but I feel so bad, che fa venire in mente i primi Guns ‘n’ Roses); concentrandosi sull’impatto complessivo delle composizioni. Terzo punto a loro favore.

Allora non si può fare a meno di notare il gusto armonico che contraddistingue l’intero lavoro, la perizia nella scelta dei suoni (nota di merito al chitarrista Emiliano Mammini, capace di sfruttare una gamma sonora calda e colorata che spazia da distorsioni crunch a wha-wha acidissimi passando per uno struggente uso del chorus), la varietà delle basi ritmiche. Quarto punto a loro favore.

Con questo atteggiamento si scorgono quindi le influenze “anomale” che si innestano nel tessuto dei pezzi, con certi echi wave che vanno dai Mission ai Killing Joke fino al Gavin Friday più crepuscolare e melodico. Quinto punto a loro favore.

Certo, c’è da lavorare per trovare una formula definitivamente equilibrata fra le diverse anime che convivono all’interno della proposta musicale dei Blacklies, ma l’attitudine che emerge da questo lavoro lascia presagire un futuro decisamente interessante per i quattro pisani.

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