The Books: The Way Out

Atterrate sul pianeta The Books ascoltando il loro quarto album The Way Out. Un viaggio intenso, intrigante e spiazzante in una moltitudine di paesaggi sonori, vi calamiterà ascolto dopo ascolto

The Books

The Way Out

(Cd, Temporary Residence)

folktronica, avanguardia

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the-books-the-way-outFormatisi a New York sul finire degli anni ’90, The Books sono un duo che sin dagli albori si è contraddistinto per una notevole vena creativa che miscela folk e sonorità acustiche a sampling puro.

Dopo 3 album che li hanno fatti conoscere al pubblico ed un Ep datato 2006, tornano in questa calda estate 2010 col loro quarto album officiale The Way Out.

Si parte con Group Autogenics I nel corso del quale si ascoltano le istruzioni per entrare nel loro mondo new age su una base ipnotica folktronica ed una voce femminile che richiama l’attenzione più e più volte sul relax da raggiungere.

La seguente IDKT è pura magia strumentale in stile Cocorosie ed apre il varco per I Didn’t Know That dove il ritmo aumenta e si arricchisce di campioni che vanno a comporre uno strano melting pot in bilico fra rock, funk, fusion e chi più ne ha più ne metta.

Sullo stesso binario viaggia pure A Cold Freezin’ Night che fra sembrare i The Books come un Aphex Twin in delirio che incontra Asa Chang & Junray in un bar di Ibiza.

Beautiful People suona molto Fleet Foxes e si caratterizza per l’incisione di diverse strofe cantate al contrario. Con I Am Who I Am continua il viaggio sul pianeta The Books e si entra in un territorio vagamente techno-trance, almeno a BPM.

Chain of Missing Links ci porta in una landa chillout-triphop mentre All You Need Is A Wall è una splendida ballata in bilico fra Bon Iver e Amiina.

Thirty Incoming ricorda molto quello che fecero i Battles nel loro album d’esordio.

A Wonderful Phrase By Gandhi non è altro che la registrazione di una frase di Gandhi seguita dalla notevole We Bought The Flood contraddistinta da meravigliose sonorità.

Giungono poi The Story of Hip Hop, quasi una parodia di DJ Shadow e Free Translator, decisamente brano migliore dell’album molto simile alle prime cose di Devendra Banhart.

Chiude Group Autogenics II e così come siamo entrati, seguiamo le istruzioni e cerchiamo di uscire dal mondo dei The Books. Ma la domanda che mi sorge spontanea dopo diversi ascolti è questa: vogliamo davvere abbandonare il pianeta The Books?

Una produzione intrigante che miscela con classe atmosfere psichedeliche e visionarie a sampling; chillout all’indie folk; funk e avanguardia. Impossibile definire un genere, impossibile non restarne attratti!

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Fabio Busi
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