Stereo MCs: Emperor’s Nightingale

L’electronic-pop dei britannici Stereo MC’S si ripresenta più ricco e rifinito che mai, su Emperor’s Nightingale, nel quale Nick Hallam e soci si danno daffare per soddisfare le aspettative del pubblico pagante, quella fauna trasversale che, a vario titolo, si abbevera all’elettronica di largo consumo e al pop più danzereccio

Stereo MCs

Emperor’s Nightingale

(Cd, Graffiti Records)

electronic pop

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Stereo MCs: Emperor’s NightingaleL’electronic-pop dei britannici Stereo MC’S si ripresenta più ricco, agguerrito e rifinito che mai, sul nuovo Emperor’s Nightingale, nel quale Nick Hallam e soci si danno un gran daffare per soddisfare le ampie aspettative del pubblico pagante, quella fauna trasversale che, a vario titolo, si abbevera all’elettronica di largo consumo e al pop più danzereccio.

La band, nata a Clapham, Londra, nel 1985, e nota ai più per il singolo di successo Connected (1992), pur avendo già ottenuto ampi riconoscimenti da pubblico e critica (BRIT awards), non si è certo seduta sugli allori, e, complice anche un fisiologico calo d’attenzione mediatica, continua a lavorare sodo per proporre brani dall’impianto semplice e immediato, sovente impreziosite da collaborazioni illustri (in questo disco soprattutto Jamie Cullum su Boy).

I riferimenti stilistici che si incontrano ascoltando queste 11 composizioni sono davvero vari, e vanno dai Take That a Moby, passando per certo hip-hop da classifica. Il risultato è un sound ibrido ed eterogeneo, che, lasciati i lidi prettamente hip hop delle origini, su Emperor’s Nightingale si spinge ancor più il la sulla strada del pop tout court, ricordando, a tratti, alcuni beat del miglior Robbie Williams solista.

Ciò che manca in questa ricetta è soprattutto la decisiva dose di personalità, quella brillante originalità, a volte di scrittura, altre d’interpretazione, spesso purtroppo solo d’immagine, che da modo ai riflettori di illuminare a sufficienza l’operato proposto.

Hallam, Birch e Rossiter sono sì capaci di strutturare canzoni gradevoli e interessanti (così come di proporre remix di grande risonanza), ma l’attenzione evapora da essi troppo velocemente, non permettendo quel minimo di longevità media necessaria a resistere nel costipato mondo della moderna pop music, nella quale, fatti salvi i soliti big, agli altri artisti non restano che le briciole.

Competenti e professionali, ma, in un modo o nell’altro, relegati nella serie B del pop.


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