Musica indipendente in Italia. Storia, etichette ed evoluzione

Nato come spin off della sua tesi di laurea Ubi Major Minor (Non) Cessat?, l’agevole libro dell’autrice marchigiana ha il pregio (e il difetto) di affrontare in maniera fin troppo spiccia quell’intricato groviglio di fili e connessioni che (col)lega il mondo indie al resto dell’industria musicale

Chiara Caporicci

Musica indipendente in Italia. Storia, etichette ed evoluzione

Editrice ZONA, 2010, € 11

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Terreno scivoloso quello dell’annoso confronto tra prodotto industriale e lavoro artigianale, tra consumo di massa e ascolti di nicchia, tra (il)legittime aspirazioni popular ed orgogliose rivendicazioni indie, tra musica senz’anima e musica vera. Terreno viscido e, per quanto ci riguarda, impraticabile, calpestato sì dalla stessa tipologia di giocatori (i musicisti), o aspiranti tali, ma che riguarda certamente due campionati non paragonabili tra loro. Che non vuol dire necessariamente uno migliore dell’altro; semplicemente differenti.

Anche Chiara Caporicci, autrice di questo interessante saggio Musica indipendente in Italia. Storia, etichette ed evoluzione, se ne tiene sapientemente alla larga, limitandosi a descrivere nella sua breve analisi le caratteristiche distintive e l’organizzazione del sistema musica nel suo complesso, sposando il punto di vista del sociologo tedesco Theodor W. Adorno secondo il quale semmai la distinzione è tra “musica che accetta in modo acritico il suo carattere di merce e musica che, consapevolmente, la rifiuta resistendo all’industria culturale che la produce e alla società che la accetta”.

Suddiviso in due parti, anche se ogni tanto qualche dualismo male vs. bene tra le righe pure appare, l’agevole libro dell’autrice marchigiana ha il pregio (e il difetto) di affrontare in maniera fin troppo spiccia questo intricato groviglio di fili e connessioni, condensando nelle prime pagine la storia di ben sessant’anni di evoluzione (o involuzione?) musicale (inevitabilmente troppo superficiale) ed oltre cinquanta relativa alla nascita delle etichette italiane, dagli albori del 1958 della torinese Italia Canta fino ai fermenti vivi degli anni ’90 (ma non si possono dedicare solo tre righe all’esperienza della milanese Vox Pop e ben (!) quattro a quella della Mescal…), caratterizzando invece tutta la seconda parte con l’analisi ben più dettagliata del fenomeno Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza, la creatura nata nel 1997 dall’intraprendenza di Giordano Sangiorgi – autore tra l’altro della prefazione del volume – e dal 2009 trasformata in Meeting degli Indipendenti.

Un punto di vista, forse, troppo MEIcentrico, dovuto anche al ruolo di collaboratrice stabile con la realtà faentina, che però nulla toglie alla serietà e all’autorevolezza di questo lavoro nato come spin off della tesi di laurea “Ubi Major Minor (Non) Cessat?” della stessa Caporicci.

Completano ed arricchiscono l’opera, lo studio e l’osservazione di due alt(r)e forme di indipendenza possibile: quella del Collettivo Angelo Mai, la realtà romana incardinata su una nuova idea di autoproduzione sociale, raccontata attraverso un’intervista al musicista Pino Marino, e il progetto di Niccolò Fabi Violenza 124, incentrato sull’esplorazione di nuove frontiere dell’interazione musicale.

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