Battles: Gloss Drop

Esce il secondo album dei Battles: Gloss Drop è il giusto equilibrio fra attitudine cervellotica e demente. Gary Numan e Blonde Redhead tra gli ospiti

Battles

Gloss Drop

(Cd, Warp)

math-rock

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battles-gloss-dropProgrammata per il 6 giugno l’uscita del secondo album (e quindi non sarà passato troppo tempo dalla pubblicazione di questa recensione), Gloss Drop, appunto, arriva quattro anni dopo il debutto dei Battles, una band composta certamente da non-debuttanti, il cui Mirrored aveva rappresentato a detta di molti un punto fondamentale nell’evoluzione più o meno lineare di tutto ciò che di lineare, per propria natura, aveva ben poco. Non che si trattasse di un album sperimentale nel vero senso della parola, considerando l’approdo (provvisorio) di gran parte degli sperimentalismi attuali, ma fungeva pur sempre da meta ideale per tutta una serie di pratiche destrutturanti degli ultimi tempi, una specie di ‘luogo comune’ frequentato tanto dal post-rock, dal math, dall’alternative e dall’elettronica quanto dal cosiddetto indie-rock. Tutto questo ovviamente secondo un’estetica pop non molto dissimile da quella di formazioni tipo Animal Collective ecc.

E se la “purezza” nonché freddezza del sound costituissero caratteristiche già presenti nei lavori della band di Baltimora, in quelli del super-gruppo – ricordiamo Ian Williams per Don Caballero/Storm and Stress e John Stanier solo per gli Helmet – divenivano attributi preponderanti, uniti al calcolo “crudele” del math-prog come metodo compositivo. Con l’uscita di Tyondai Braxton dalla formazione (figlio ovviamente di chi sapete voi) si assiste invece ad un abbandono parziale di quella vena caricaturale che rendeva ogni brano di Mirrored una specie di “divertissement” in linea con un atteggiamento intelligentemente ameno. E sembrerebbe pure che la rigidità strutturale dell’esordio sia stata abbandonata a favore di una maggiore elasticità formale.

A cominciare proprio dalla collaborazione di Matias Aguayo in Ice Cream, un brano che nonostante sia una continuazione dello spirito brioso del primo album, possiede tuttavia un’articolazione interna maggiormente policroma e a piede libero rispetto alle costrizioni tecniche di quell’altro. Ma la stessa monoliticità sembra venir meno anche in un pezzo come Futura, in cui alla precisione della regolarità ciclica subentra la fluidità dell’estro momentaneo. E se l’estetica da videogame di Inchworm è seguita da quella ironico-affaristica di Wall Street – due brani comunque forti di arrangiamenti bizzarri fino all’esasperazione – è My Machine (con Gary Numan) a recuperare quel po’ di anima rock sepolta dalle trovate strambe. Sweetie & Shag, con la partecipazione di Kazu Makino dei Blonde Redhead, porta invece un pizzico di quell’oriente mentale già presenza (in)costante nella band newyorchese, proseguendo poi col prog atipico di White Electric preceduto dal pop giocattolo di Rolls Bayce. Sundome, con la collaborazione di Ymantaka Eye dei Boredom, sarebbe poi un pezzo stile Japan, ma come suonato dai Polvo.

Non sorprende dunque più di tanto questo Gloss Drop, che potrebbe benissimo essere considerato il logico proseguimento di un discorso iniziato dai Battles con gli ep e maturato – pur conservando lo stesso spirito infantile – con l’ispirazione astratta ma di impianto “strutturalista” del presente lavoro. Perché il loro math ha qui raggiunto il giusto equilibrio fra attitudine cervellotica e allocca. È matematica da nerd, dopotutto.

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