Murcof: The Versailles Session

Tra la Francia del Seicento e futuristiche distorsioni moderne, un lavoro sospeso nel tempo dell’artista messicano Fernando Corona

Murcof

The Versailles Session

(Cd, The Leaf Label, 2008)

elettronica, ambient, sperimentale

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Assoli scordati e stridenti di violino, note spezzate, echi lugubri. E, come per magia, ci si ritrova in un luogo perduto nello spazio e nel tempo, sospeso tra la modernità delle sperimentazioni elettroniche e l’antichità delle orchestrazioni barocche, in un’atmosfera colma di inquietudine e di angoscia, dai contorni sfumati, come in un sogno popolato da immagini confuse e disturbanti.

The Versailles Session, ultimo lavoro dell’artista messicano Murcof, al secolo Fernando Corona, è spiazzante e conturbante. Acquista più senso se si è a conoscenza della sua finalità originaria: questa musica doveva accompagnare Les Grandes Eaux Nocturnes, un festival di luci, acqua e suoni che si svolge ogni anno a Versailles. Per questo le sei composizioni di cui è fatto il disco sono colme di richiami alla musica barocca francese del Seicento, grazie all’uso del clavicembalo, della viola da gamba, del flauto, del violino e di un mezzo soprano. Questi elementi si coniugano, in maniera disturbante, con le tendenze di sperimentazione elettronica di cui Murcof è indiscusso maestro: i suoi dilanianti silenzi, le sue dilatazioni sonore sospese nel vuoto, la sua musica visionaria e profonda, in questo disco, trovano una connotazione del tutto originale.

Sei lunghi brani di grande suggestione e mistero, che non cercano nella melodia, bensì nella cacofonia ricercata, nelle imperfezioni sibilanti, la loro forza. Il clavicembalo sembra rompersi, il violino inciampa negli stridii, la voce, che ha un che di malefico e di ancestrale, si fa spazio tra le oscure dilatazioni sonore. L’effetto finale è quello di una musica viscerale e mistica nello stesso tempo, nata per inquietare e non per consolare. Solo l’ultimo brano, Lully’s Turquerie As Interpreted By An Advanced Script ha una base ritmica più solida, risultando meno eterea, ma anche meno suggestiva, delle altre composizioni.

Un lavoro complesso e visionario, che lascia brividi e palpiti anomali. Almeno finché non ci si risveglia dal sogno.

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Sofia Marelli
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