Lloyd Turner: Hints

Un bell’esordio caratterizzato dall’extracorporeità, quello dei Lloyd Turner. Italiani col cuore in America, il loro Hints è una raccolta di dialoghi strumentali

Lloyd Turner

Hints

(Cd, Face Like a Frog)

post-rock, contemporanea

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Lloyd Turner- HintsMusiche sottopelle o fuori-orizzonte quelle dei Lloyd Turner. Composizioni strumentali dal gusto conosciuto, certamente, ma qui fuori tracciato per un eccesso d’intimità non del tutto comune, perché più vicina all’assolutezza del silenzio nella sua forma più ‘ligetica’. Un piano che dialoga col vuoto (acustico), una sei corde discretamente legata al suo andamento zoppicante poiché evanescente più che (ir)reale (la necessità/pesantezza dell’ignavia).

È – forse premesso in maniera fin troppo autocompiaciuta – tutto questo parte fonda(me)nt(al)e di Hints, album d’esordio del duo romano formato da Paolo Tornitore e Donato Loia; registrato, mixato e masterizzato da Lorenzo Stecconi.

Un lavoro, dunque, molto vicino al minimalismo proprio nella sua essenzialità con o senza ripetizione, la cui reiterabilità potrebbe semmai esser dovuta (quando c’è) al non poter dire altro che l’inebetimento sonnambulo di certe piccole ossessioni pre-oniriche (o ipnagogiche, senza essere per questo “pop”).

In realtà brevi composizioni che stanno in piedi a momenti per miracolo, di un’evanescenza, appunto, quasi metafisica, assimilabili esclusivamente per una percezione che necessità di un qualche tipo d’assenza… altrimenti, come seguirle? Quale ulteriore menzogna dovrebbe poter essere detta per fare propri tali “dialoghi” strumentali, che del dialogo non hanno certamente né la violenza ‘logistica’ né tantomeno l’indecifrabilità dell’insensato?

Bisognerebbe assentarsi almeno un po’ per seguire l’incertezza sgomenta di Not yet, o quella sprofondata in chissà quali archetipi muti e inconoscibili di Said and Done. E lo stesso potrebbe dirsi di A draw e Vasa, ad esempio, o della drammaticità (filmica probabilmente) di Those who float, e della “lunga” (4.28 min: solo in rapporto alle altre) Unveiled, riassunto ‘onnicomprensivo’ dell’opera che, una volta conclusasi, lascia come l’impressione di non aver ascoltato realmente qualcosa…

Ma forse non è di post-rock che si è parlato finora. E, a scanso di equivoci, neanche di un lavoro realmente innovativo, perché certamente più in là rispetto a tanto post-rock – di un là tutto interiore – ma piuttosto statico se paragonato all’avanguardia autoproclamantesi. Però, di sicuro raro – per quest’epoca post-tutto – e sfuggevole allo stesso tempo. Come il silenzio.

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