Joey Cape: Bridge

Joey Cape, cantante dei Lagwagon al debutto solista, cerca con Bridge di costruire un ponte di passaggio verso un futuro cantautorale più intimo e profondo

Joey Cape

Bridge

(Cd, Suburban Home Records, 2008)

songwriting, folk

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Se vi sentite un po’ depressi o giù di morale, allora è il caso di tenervi lontani dal debutto solista di Joey Cape, visto che il suo Bridge può andar bene solo per chi ha voglia di passare una mezz’ora in compagnia di sonorità tranquille, acustiche, quasi contemplative.

Il cantante dei Lagwagon, pur registrando l’album in varie riprese tra il 2007 e il 2008, insieme ai Playing Favorites, agli Afterburner e con la sua band, è riuscito a dare una forma univoca a dodici brani chiaroscurali, dove voce e chitarra sono costantemente al centro della costruzione melodica di ogni passaggio.

Cape racconta storie ed esperienze personali, e inanella una serie di brani apprezzabili – per calore e intimità – come la sussurrata Memoirs and Landmines, oppure la più decisa Non Sequitur, scritta ed eseguita con il supporto strumentale di Todd Capps, e l’immediata No Little Pill. Va detto che spesso l’andamento soporifero dell’intero album provoca, anche per gli adepti ai folk-singer d’altri tempi, qualche cedimento di palpebra, dato che la voce di Cape non graffia quasi mai e non lascia ricordi tangibili del suo passaggio.

Bridge è comunque un buonissimo album, anche se troppo spesso emana un’interpretazione monocorde, come se si trattasse di una prova destinata a uso personale, casalingo, dove l’esperienza a il fascino della condivisione viene lasciata troppo da parte.

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Roberto Paviglianiti
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