Editors: Live Report (Roma, Tendastrisce, 3 dicembre 2009)

Luci ed ombre: il ritorno magistrale e chiaroscurale degli Editors. Uno spettacolo dalle tinte crepuscolari, ma soprattutto ad un’altalenante alternanza di umori e sensazioni

Editors

Roma, Tendastrisce, 3 dicembre 2009

Live Report

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Editors 052L’ultima volta che approdarono a Roma fu al Piper due anni fa, quando già il loro secondo album ne aveva reso possibile l’affermazione come uno tra i fenomeni più degni di nota nella scena britannica. Ed ora che il loro ultimo lavoro, l’anomalo In This Light And On This Evening, ne ha segnato il definitivo coronamento al successo, gli Editors sono tornati.

Stavolta ad accoglierli è stato il Tendastrisce ed infatti la porzione di pubblico che il quartetto inglese ha conquistato è rilevante, sebbene non evidente. D’altronde questo fattore è l’emblema dell’essenza stessa del gruppo: negli Editors non c’è niente di vistoso, nessuna voglia di attirare l’attenzione con l’ennesima scontata trovata pubblicitaria, nessun atteggiamento egocentrico da star. Gli Editors hanno dalla loro solo grande abilità e capacità di reinventarsi. Cioè tutto. E infatti nonostante si muovano con discrezione è impossibile non venirne irretiti pian piano. L’unica cosa che si fa strada con prepotenza è una bravura che lunge dall’essere l’ennesimo abbaglio destinato a rivelarsi oltre la sua ben costruita apparenza.

E così, dopo l’apertura dei due gruppi spalla Wintersleep e The Maccabees, i veri protagonisti della serata irrompono con un’apertura paralizzante, in un’atmosfera tesissima e altamente esplosiva creata dall’opening track omonima dell’album. Un’austerità che sfiora il misticismo grazie alla voce baritonale del frontman Smith; significativo è anche l’apporto degli altri membri della band, Urbanowicz, Leetch e Lay, tutti concentratissimi e in perfetta sintonia.

Editors 047Il filo rosso che corre lungo tutta l’esibizione è comunque l’elettricità, che diviene quasi tangibile e che si trasforma in una vera e propria sensazione fisica, soprattutto durante le esecuzioni dei pezzi più recenti: il live non sminuisce la resa dell’elettronica ma anzi la esalta a tal punto da generare nel pubblico uno stato di ipnosi, grazie all’evocativa e sapiente combinazione delle pulsanti luci sullo sfondo e dei suoni industriali dei synth. La dimensione che viene a crearsi è surreale: da una parte si ha l’impressione che i quattro musicisti abbiano ricreato il loro ambiente londinese, con il suo rumoreggiare metropolitano sommesso; dall’altra ci si immerge in un vortice buio e avvolgente. Il risultato è uno sfondo urbano su cui gli impulsi elettrici viaggiano come schegge impazzite. C’è una sorta di magnetismo folle in tutte queste dissonanze, che è in grado di far emergere quanto più di musicale esiste nel rumore.

L’avanguardia elettronica si alterna però alle melodie più languide e soffuse di pezzi come Smokers Outside The Hospital Doors oppure altri classici da The Back Room e An End Has A Start, che riscontrano un maggior successo tra il pubblico. Le esplosioni sonore di ritornelli ossessivi e battenti come in All Sparks, Bullets, Fingers In The Factories o The Racing Rats sollevano un’onda in movimento che si infrange ritmicamente contro il palco. Trovano posto anche delle perle nascoste che il gruppo ha tenuto lontano dalle classifiche, relegandole quasi nell’ombra a causa della pubblicazione esclusiva come b-sides: un esempio ne è la suggestiva You Are Fading.

Così il sound tradizionale, a tratti malinconico, della band e le nuove sonorità fredde da metropoli in stato di blackout si fondono dando vita a uno spettacolo dalle tinte crepuscolari, ma soprattutto ad un’altalenante alternanza di umori e sensazioni.

In chiusura, il coinvolgimento e la sincronia che l’incalzante ultimo singolo Papillon instaura tra gli artisti e gli spettatori è tale che al riaccendersi delle luci è difficile realizzare che quell’armonia perfetta sia già giunta al termine. Impossibile non rimanere confusi e frastornati riscendendo a terra. Ad attendere fuori di qui c’è solo il buio di un’altra anonima notte invernale, ma oggi sembra più confortevole: gli Editors sono abili tessitori di suoni. E “in questa luce e questa sera”, è impossibile non rimanerne ammaliati.

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