Earthset: In a State of Altered Unconsciousness

Stacchiamoci per un attimo dalla monotonia delle canzonette in continua rotazione nei palinsesti radiofonici e concediamoci qualcosa di più articolato, profondo e ampio: stiamo parlando di In a State of Altered Unconsciousness, il primo full-lenght degli Earthset

Earthset

In a State of Altered Unconsciousness

(Seahorse)

alternative rock, progressive rock, indie rock

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EarthsetStacchiamoci per un attimo dalla monotonia delle canzonette in continua rotazione nei palinsesti radiofonici e concediamoci qualcosa di più articolato, profondo e ampio: stiamo parlando di In a State of Altered Unconsciousness, il primo full-lenght degli Earthset, band bolognese formata da Ezio Romano (voce/chitarra), Costantino Mazzoccoli (chitarra), Luigi Varanese (basso) ed Emanuele Orsini (batteria), pubblicato a due anni di distanza dal loro primo demo-EP e prodotto da Seahorse Recordings con distribuzione Audioglobe/The Orchard.

Già dal primo ascolto possiamo ben intuire la varietà e la vastità di suoni e idee che sono stati in esso sintetizzati: si parte infatti con Overture, un’introduzione strumentale al pianoforte che ci fa immedesimare nelle atmosfere prog-rock anni ’70. Si passa poi velocemente a pezzi ben più energici che vanno a ripescare direttamente dal grunge di Nirvana e Pearl Jam (Drop e The Absence Theory) per arrivare al singolo (r)Evolution of the Species, caratterizzato da un’impronta inconfondibilmente indie. E poi via, verso sonorità ancora diverse, questa volta all’insegna dell’alternative rock di Jeff Buckley e Radiohead, con introduzioni melodiche di chitarra acustica o pianoforte ma che tornano sempre a rievocare le atmosfere più accese degli Smashing Pumpkins (Epiphany, Astray, Lovecraft, Circle Sea).

Non mancano neanche pezzi tutti da saltare ai live, come So What?, che prende in prestito da Iggy Pop riff incalzanti e chitarre che pian piano diventano sempre più punk, e tracce heavy come Gone, contraddistinta da cambi di tempo repentini e stacchi di batteria  sempre in grado di sconvolgere la situazione; o ancora brani come Skizofonìa, che ci catapulta nel mondo della psichedelia e del progressive rock. Come se non bastasse, tutto ciò è valorizzato anche dai testi, abili nell’integrare il lavoro già iniziato con la musica, ossia eliminare i canoni e svincolarsi da qualsiasi convenzione.

Non è quindi difficile intuire l’audacia di questo album: cercare una coerenza tra generi tutto sommato diversi, mescolando quante più sonorità e stili possibili. E sembra proprio che gli Earthset abbiano raggiunto l’obiettivo: In a State of Altered Unconsciousness è infatti un disco da cui l’ascoltatore non sa mai cosa aspettarsi, che riesce sempre a sorprendere e in cui si possono riconoscere numerosi riferimenti ad altrettanti generi ma che, allo stesso tempo, si eleva per una varietà ed originalità come pochi.

 

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Andrea Poltronieri
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