Corde Oblique: la recensione di The Moon is a Dry Bone

Fra indie folk e shoegaze si muovono i Corde Oblique di The moon is a dry bone, un disco eterogeneo, complesso, pieno di spunti di riflessione, ricco di melodia intesa come poetica trascritta.

Corde Oblique

The Moon is a Dry Bone

(Dark Vinyl Records)

folk-gaze

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Corde Oblique_The Moon Is a Dry Bone (FILEminimizer)Il progetto Corde Oblique nasce nel 2005 dal talento di Riccardo Prencipe, chitarrista, autore di testi e musica ma anche dottore di ricerca in storia dell’arte.

L’amore per i luoghi e per il tempo che ne forgia l’aspetto sono alla base dell’ispirazione creativa. Il Sud trasuda da ogni testo, da ogni melodia e spesso dal canto, profondamente immerso nella tradizione. Il meraviglioso Sud conosciuto in tutto il mondo per la bellezza che si respira ovunque e per la sua storia opulenta e ricca di contaminazioni.

La band è amatissima nel circuito underground italiano ma anche estremamente apprezzata in Germania e in Cina, dove più volte si è esibita nell’ambito di festival, rassegne e tournée (la prima band italiana del circuito underground ad effettuare una tournée così lunga in un paese che sempre più si apre al mondo occidentale – Il Corriere del Mezzogiorno).

È appena uscito per Dark Vinyl Records (distribuzione Audioglobe) The moon is a dry bone, ottavo capitolo della loro carriera che include 10 tracce inedite ed una cover degli Anathema.

Da sottolineare i featuring di nomi illustri che impreziosiscono un lavoro già di per sé molto centrato; Caterina Pontradolfo (artista lucana presente in tutti i lavori della band), Andrea Chimenti e Miro Sassolini (nomi storici della musica italiana che non hanno bisogno di alcuna presentazione) ma anche la straordinaria Maddalena Crippa in un cameo dalla classe smisurata.

Sotto la superficie, la luna è secca come un osso. Non puoi spremere il sangue da una rapa e apparentemente non puoi nemmeno strizzare l’acqua dalle rocce lunari. La luna è un osso secco, è un terreno desertico lontanissimo dal senso di bellezza che immaginiamo quando la si guarda da lontano.

Con questo ultimo tassello del loro mosaico poetico, i Corde Oblique lanciano un genere che loro stessi definiscono folk-gaze, ovvero un’originale mix tra neofolk e shoegaze. Le consuete sonorità folk si intrecciano con nuove suggestioni: The moon is a dry bone conferma la raffinata natura della band forte di una identità sonora ben definita ma scopre anche una nuova attitudine più estrema ed anticonvenzionale.

Dopo vent’anni di attività, Riccardo riesce ancora a interrogare gli astri, aridi eppure ancora ricettivi, con questo disco che appare a volte rabbioso, a volte romantico, spesso nostalgico in un continuo, toccante parallelismo con la vita, i suoi tormenti e le sue infinite sfumature.

L’apertura è affidata alla sinfonica malinconia di Almost Blue (e mi torna in mente la sublime omonima di Chet Baker, che voglia essere un omaggio?), intro strumentale, profondamente lisergico con tenui echi pinkfloydiani.

La strada è una ballad struggente che gioca sugli intrecci vocali di Rita Saviano e di un Andrea Chimenti ispiratissimo. Andrea dopo i Moda, con i quali ha registrato tre dischi per la storica label fiorentina IRA, ha percorso strade diverse diventando un artista completo e sempre più profondo, memorabile il suo duetto con David Sylvian.

La title track irrompe come un temporale in piena estate, sincopata e drammatica, metafora di una realtà spesso affannosa che ci trascina in un caos interiore difficile da gestire. The moon is a dry bone è accompagnata da un video girato dal regista lituano Rytis Tytas nella sua terra di origine. Il supporto visivo è concepito come una sorta di memento mori, un conflitto tra sogno e realtà. Dice il regista: Bergman nei suoi film afferma che il colore dell’anima è rosso. Quindi mi è piaciuta l’idea di scegliere il rosso per il nostro tristo mietitore.

Le grandi anime rimanda alla migliore tradizione della musica popolare, gli arpeggi di chitarra in primissimo piano sciolgono lacrime che la voce di Caterina Pontrandolfo raccoglie e asciuga con estrema delicatezza.

Le torri di Maddaloni è un omaggio alla città nella quale le torri dimorano. Riccardo, docente in un istituto cittadino racconta: La scuola dove insegno si trova proprio sotto di esse. Il primo anno in cui iniziai ad insegnare scrivevo questo brano nelle lunghe ore di pausa. La scommessa era usare solo due accordi, come le torri, con un fraseggio sempre diverso. Scommessa vinta.

Evocativa Il figlio dei vergini dove alla voce di Caterina si affianca il lamento armonioso di Sergio Panarella.

La casa del ponte è un momento supremo di poesia tradotto in musica. La carica emotiva di Maddalena Crippa, attrice dallo straordinario carisma, si spalma su tutta la traccia, si appoggia su ogni parola scandita, sublima il senso del testo incantevole.

Temporary peace omaggia gli Anathema, band cara a Riccardo, ricordiamo Duncan Patterson alle prese con il mandolino irlandese in Gioia di vivere.

Il terzo suono è una vera perla. Al canto un magnifico Miro Sassolini con il suo modo invidiabile di arrampicarsi sulle note. La traccia è un intramuscolo di pura new wave impreziosita da un violino che geme in lontananza. Miro si conferma artista di livello superiore, melodista, ricercatore vocale, sperimentatore multimediale, artista figurativo, genio assoluto ricordato troppo spesso solo per la sua militanza nei Diaframma.

Herculaneum, canto idilliaco poggiato sulle note di una fisarmonica, ci porta dritti dritti al gran finale, Almost blue II chiude con incredibile grazia, dilatata e armoniosa schiude le porte dei sentimenti più puri.

The moon is a dry bone è un disco eterogeneo, complesso, pieno di spunti di riflessione, ricco di melodia intesa come poetica trascritta, suonato ed arrangiato in modo maniacale (ed è un complimento), un disco che impone un ascolto attento, filtrato con le orecchie e con il cuore.

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