Sahara Hotnights: What If Leaving is a Loving Thing

Quattro svedesi e un rock duro, ma frizzante. Eccovi il vero girl power

Sahara Hotnights

What If Leaving is a Loving Thing

(Cd, Stand By Your Band, 2008)

rock

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Leggenda vuole che il nome “Sahara Hotnights” sia stato affibbiato alla band dalla batterista, Josephine Forsman, dopo aver scommesso su un cavallo che portava proprio questo nome. In effetti l’animale più adatto al quale accostare le Sahara Hotnights è proprio il cavallo: elegante, bello, ma capace di essere selvaggio e imprevedibile.

Le Sahara Hotnights sono quattro ragazze provenienti dalla Svezia, rese famose (in patria più che all’estero) dal loro rock old-fashioned e grintoso, debitore di Blondie e di The Donnas, ma alleggerito da un bagliore di frivolo glam simile a quello dei grandi gruppi femminili degli anni Ottanta, come quello delle Go Go’s.

Glam che si traduce in svagati coretti (Visit to Vienna), scanzonati assoli di sax (Getting Away With Murder e civettuoli gorgheggi (Puppy), ma che ben si amalgama con delle chitarre robuste, una voce energica e piena, che non si concede nessun fremito e nessun cedimento, e un sound nel complesso duro, maschile, emancipato, poco nordico e molto yankee.

Grazie a questi elementi, What If Leaving is a Loving Thing è un disco che mantiene un buon grado di orecchiabilità dal primo all’ultimo brano, anche se manca un ritornello trascinante. Fa eccezione la bellissima No For An Answer, che però è anche l’unica canzone che si discosta dal tono generale: con un sontuoso arrangiamento di archi e un’atmosfera lunare, si rivela come il momento più introspettivo dell’album.

Le Sahara Hotnights sono quattro cavalli di razza. Non fatevi ingannare dalla loro bellezza: le ragazze, con What If Leaving is a Loving Thing, hanno dimostrato di saper scalciare e di non lasciarsi domare tanto facilmente.

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Sofia Marelli
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