Rohmer

Il primo album (omonimo) dei Rohmer rappresenta un raffinatissimo esemplare di non-tempo cinematografico

Rohmer

Rohmer

(Cd, Ams/Vinyl Magic2000)

ambient, slo-core

______________

rohmerUn album al rallentatore. Prendete le digressioni dei Low e dei Codeine, unitele al post-rock più genuinamente pianistico, al dream-pop d’annata e all’ambient/contemporanea (con una spruzzata di psichedelia), ed ecco che avrete il primo album – omonimo – dei Rohmer. Il gruppo, nato dalle ceneri di quei Finisterre che ebbero vita (e un certo seguito) a cavallo degli anni ’90/’00, mostra le proprie coordinate filo-prog-sperimentali grazie soprattutto all’esperienza sul campo dei suoi musicisti: Boris Valle (pianoforte); Fabio Zuffanti (basso, elettronica, voce); Agostino Macor (tastiere, xilofono) e Maurizio Di Tollo (batteria, voce).

Ed è proprio uno spasso abbandonarsi all’ascolto spensierato di questo Rohmer: lasciar rimbalzare sonorità vicine a certe atmosfere tipiche dell’immaginario cinematografico francese (oltre all’evidente riferimento al regista della ‘nouvelle vague’) – in realtà più evocative che connotative – può essere un ottimo modo per annullare il tempo e passare le giornate nella maniera a noi più congeniale. In effetti qui l’ambient equivale all’infinito scorrere di un flusso superficiale – fra archi e fiati – che ha ripescato anche nel preconscio tutto ciò che serve al proprio dispiegamento superiore, senza corrompere con questo la linearità e la chiarezza della propria natura indolore (e fantasmatica).

Episodi più o meno riusciti se ne possono trovare indifferentemente durante l’ascolto; e senza alcun dubbio gli episodi di V. (moda reale) e Wittgenstein mon amour 2.12 rappresentano due ottimi esempi di come si possa esprimere raffinatezza ed eleganza attraverso le canzoni. Ma i vertici stilistici vanno ritrovati nei due brani più lunghi dell’album, ovvero Lhz e Elimini-enne. Quest’ultimo in particolar modo può vantare il titolo di ‘piccolo capolavoro’, in un certo senso, grazie anche alla copiosità delle sensazioni e impressioni che ne vengon fuori, talvolta attraverso un uso certosino dell’elettronica – mai debordante – che ne ricama invisibilmente e in maniera perfetta le tessiture atmosferiche, mantenendo intatta la quiete che domina subliminalmente l’intera sua durata (22 minuti e rotti).

Insomma, se si potesse fare un film di sole dissolvenze, questo Romher ne farebbe da soundtrack. Ammesso che non sia già di per sé un gran bel film.

Gli ultimi articoli di Angelo Damiano Delliponti

Condivi sui social network:
Angelo Damiano Delliponti
Angelo Damiano Delliponti

RECENSORE EROSNECER

Articoli: 62